Regia di Zhang Yimou vedi scheda film
Zhang Yimou, il regista di "Lanterne rosse", ripudia, almeno per un attimo, lo stile calligrafico che lo ha reso celebre ed ha annoiato mezzo mondo, e gira un film che adotta piuttosto la maniera di Quentin Tarantino, John Woo e Takeshi Kitano.
Al di là di qualche incongruenza, il film si fa guardare ed è tutt'altro che noioso, anche se, forse per riscattare quindici anni di piani sequenza chilometrici, Yimou eccede con la camera a mano. In contrasto con la lentezza tipica dei suoi lavori precedenti, il regista cinese gira un film tutto dialoghi e azione, ambientato in una Cina moderna anche se combattuta tra razionalismo tradizionalista (quello di Zhang) e faida medievale (quella di Xiao, che vuole mozzare un braccio al rivale). Le due ideologie sono contrappuntate dai predicozzi di stile maoista del poliziotto che invita i due protagonisti, entrambi finiti in prigione, ad attenersi all'ortodossia del partito. Proprio le autorità (ovvero la censura) pare che abbiano imposto ad Yimou quel finalino edificante (che il regista ha però voluto separare dal resto del film con alcuni momenti di schermo nero) in cui il ricercatore, rinsavito, ottiene l'agognato computer in risarcimento. (27 luglio 2004)
La trama è abbastanza semplice: trovatosi a passare mentre è in corso una rissa di strada tra il venditore di libri balbuziente Xiao e il proprietario di un night club, al tranquillo ricercatore Zhang viene distrutto il computer portatile, con il quale l'aggredito ha cercato di difendersi. Il ricercatore vorrebbe essere risarcito da una delle due parti e si propone come mediatore, mentre il balbuziente, che è stato pestato a sangue, desidera solo vendetta. Alla fine il ricercatore si trasformerà in uno psicopatico vendicatore.
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