Regia di Marco Serra Degani vedi scheda film
Ieri come oggi, lettere scritte con la piuma d’oca, messaggi in tempo reale su Messenger, cambiano i mezzi non cambia l’uomo. E’ nato il cinema.
Bologna, tre studenti condividono un appartamento.
Valeria studia Psicologia, Marcello frequenta corsi di regia al Dams, Carlo studia recitazione. Due veneti e un torinese, Marcello.
Vita da studenti, sveglia e colazione insieme, due chiacchiere e via, ci si ritrova la sera per una pizza o si fa jogging insieme sulla Montagnola.
Breve panoramica dell’appartamento, francescano, asettico, le porte bianche con i nomi e il volto a carboncino degli ospiti disegnato su carta, foto coloratissime alle pareti.
La musica di Satie, l’esilità della sua scrittura pianistica accompagna discreta le prime scene, s’interrompe, dà spazio alla breve lezione di regia che il Maestro sta tenendo agli allievi del Dams, poi riprende e la fiction continua.
Fino a nuovo stop, lezione di recitazione, Ivano Marescotti corregge l’impostazione di Carlo, è un testo di Beaumarchais, bisogna farlo proprio, ma attenzione, “Non cercare di capire troppo, lasciati andare, anzi, lascia andare il personaggio”.
La fiction prosegue, Soave sia il vento, Mozart sulle immagini in scorrimento di Villa Spada prepara il finale, che arriva leggero, sottotono, sembra che accada poco, la filigrana sottile della trama si dipana impercettibile, siamo allo scadere dei minuti, Carlo e Valeria escono insieme di scena, Marcello porta la sua sceneggiatura al Maestro.
E’ trepidante, ci ha lavorato molto, ma aspettare un giudizio è sempre un po’ morire.
Lo schermo si divide, parla il maestro, Marcello ascolta.
“ Per 75 pagine non succede nulla. Hai scelto la strada più impervia, non succede nulla di esterno, di dinamico, è tutto nella testa dei personaggi, veri o virtuali che siano.
Sei nel grande solco di Feydeau, della pochade intimista alla Marivaux, i riferimenti costanti che fai a Beaumarchais, a Mozart, a Da Ponte sono preziosi. Mi ricorda il cinema di Rohmer, le divagazioni sull’arte di Rivette, il cinema più difficile da farsi, divagazioni al limite dell’inconsistenza sulla filosofia, dialoghi a due interminabili, e poi devi avere attori straordinari, attori che con un’alzata di sopracciglio ti rendono una scena, che passano da un’emozione all’anaffettività in una battuta.
Adesso hai in mano una sceneggiatura, una signora sceneggiatura, la responsabilità è tua, tu puoi distruggerla o renderla al meglio”.
Marco Serra Degani nonl’ha distrutta. Tutt’altro.
C’è qualcosa nel medio-metraggio che si snoda fra le lezioni al Dams che ricorda il cinema di Eugéne Green, oltre naturalmente alle indicazioni che ravvisa il Maestro.
I mini-film, come Green chiama i suoi corti.
E’ la sobria modalità di comunicazione dei suoi personaggi, i dialoghi spesso affrontati, lo sguardo in macchina, lo spazio scenico di stampo teatrale, la convenzionalità della rappresentazione.
Personaggi “in cerca di una conoscenza spirituale e una comunicazione reale che si stabilisce tra di loro attraverso l’assenza, di solito per mezzo di una persona o di un elemento intermediario”.
Marcello, Valeria e Carlo non si raccontano storie, si lasciano vivere perché è così che le cose accadono, e con un’alzata di sopracciglio ti rendono una scena.
La realtà in cui sono immersi è quella vera, comune, quotidiana, eppure è lì che maturano i sogni, crescono gli affetti, nascono gli amori, si profilano vite future.
Il buon regista deve trasferire i suggerimenti di sceneggiatura in un tessuto difficile da stampare sullo schermo, ma se riesce ci racconta la vita.
Valeria lascerà Maurizio, fidanzato pescarese invisibile, ma era chiaro fin dall’inizio che sarebbe andata così, un silenzio, uno sguardo, un cellulare buttato sul comodino.
Carlo viene irretito su facebook da un fake che si fa passare per suo sosia.
Il surreale dei social subentra al reale e la vittima, ingenua, si fida, il mondo virtuale ha grinfie potenti.
Ma è anche la svolta negli eventi, il fake si chiama Oscar, lo sviluppo successivo, inatteso, è dovuto proprio a lui, figura virtuale.
Una volta si chiamavano sogni, oggi messaggi su Messenger.
E Marcello? Termina la sua sceneggiatura, che è quella tradotta in immagini per quasi un’ora, e la porta al Maestro.
Nasce così il titolo, Oscar alla lezione, e il gioco di parole è evidente.
“Cessare di essere ciò che non si è e divenire ciò che si è” è il segno distintivo dei personaggi di Green ed è quello dei tre giovani amici che le strade della vita hanno messo insieme lungo un percorso che sta tra fantasia e realtà, in uno spazio incomprensibile ai canoni consueti.
Ma è l’unica realtà percorribile, l’inenarrabilità il suo marchio, è la “lotta alla logica” proclamata da André Breton, secondo cui: "Il punto centrale di questa filosofia è l'accettazione di ogni aspetto dell'irrazionale, dal gioco alla magia, dal caso all'assurdo”.
Soccorrono alcune riflessioni sulla vita:
-… conferire all’ordinario un senso elevato, al consueto un aspetto misterioso, al conosciuto la dignità dell’ignoto, al finito un’apparenza infinita …-"
Frammenti di Friedrich von Hardenberg (Novalis)
Ieri come oggi, lettere scritte con la piuma d’oca, messaggi in tempo reale su Messenger, cambiano i mezzi non cambia l’uomo. E’ nato il cinema.
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