Regia di Aaron Schneider vedi scheda film
La storia è ambientata nei primi giorni del coinvolgimento degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale. Ci troviamo nell’Oceano Atlantico a bordo dell’USS Keepling (nome in codice Greyhound) agli ordini del Ten-com. Ernest Krause (al suo primo incarico di comando) con il compito di scortare un convoglio di 37 navi trasporto dalle coste americane in Inghilterra attraverso il Black Pit, un’area dell’Atlantico privo del supporto aereo e quindi “infestato” degli U-Boot tedeschi inviati a impedire a qualsiaso costo l’approvvigionamento delle forze alleate in Europa.
Adattamento cienmatografico del romanzo The Good Shepherd scritto da Cecil Scott Forester nel 1955, Greyhound è diretto da Aaron Schneider, alla sua seconda pellicola a dieci anni dall’esordio con Get Low (ma noto a Hollywood soprattutto come direttore della fotografia), con un budget a disposizione di 50 milioni di dollari (in realtà non molti per un film di guerra contemporaneo) e vede nella sua realizzazione soprattutto il coinvolgimento di Tom Hanks non solo come interprete principale ma anche come produttore e, soprattutto, sceneggiatore della pellicola.
Ed è propria soprattutto delle sceneggiatura che si avvale un film di guerra piuttosto atipico ed originale e che invece di basarsi prettamente sulla scenografia da battaglia e sui suoi aspetti più spettacolari predilige invece un punto di vista sugli eventi che combacia con il ponte di comando del cacciatorpediniere e, soprattutto, con il suo comandante, alternato da alcune riprese aeree od esterne per un maggiore comprensione degli aventi, ma strettamente legato comunque a una visione praticamente univoca di quanto stia succedendo.
Delle altre navi o del nemico invece non sappiamo quasi nulla se non quanto viene appreso direttamente dalla Greyhouse dalla radio o attraverso i vari mezzi di individuazione (radar, sonar, ecc.) e alternati da messaggi sullo schermo relativo alle posizione delle navi alleate o a indicazioni temporali atte ad aiutare il pubblico nel seguirne la vicenda.
Tutta la storia, in realtà piuttosto semplice, si svolge quindi quasi completamente negli spazi claustrofobici che costituisco il ponte di comando nei quali si muovono il comandante e i suoi sottoposti, in un’atmosfera spesso crescente di tensione palpabile grazie a una scrittura in cui si avverte una ricerca rigorosa riguardo alla storia militare e alla terminologia dell’epoca fino alle tattiche adottate nelle battaglie navali contro un nemico invisibile come quella con i sommergibili tedeschi, che approfondisce con estrema cura e competenza.
Tutto il film si articola quindi attraverso veloci scambi di battute e successive risposte tra Comandante e ausiliari in un continuo susseguirsi di comandi in codice e aggiornamenti in tempo reale dei vari dati registrati da radar e sonar e alle conseguenti misure di approccio da adottare riguardo agli U-Boot nemici, in una lunghissima (e ansiogena) partita a "battaglia navale" in cui a dominare è soprattutto la strategia e a cui assisitiamo direttamente dalla cabina di comando.
Sono questi aspetti e le sue ambientazioni a rendere avvincente la pellicola.
Ma al tempo stesso è proprio l’indirizzo tecnico utilizzato, così fedele al gergo nautico, a risultare di non facile interpretazione e a straniare lo spettatore in un eccesso di realismo che mette però in difficoltà ma che, in un certo senso, accomuna lo spettatore alle difficoltà dei suoi protagonisti nel decifrare i segnali captati in un gioco interpretativo in cui una lettura errata può risultare letale, per i protagonisti come anche però per lo spettatore.
Per far fronte a questo il pubblico può sempre contare però sullo sguardo spesso spaventato del Comandante o dei vari membri dell’equipaggio, metronomo e sintomo, più di quanto rivelato dagli strumenti di bordo, di quanto stia effetivamente succedendo e ansimare e sperare insieme a loro che tutto vada per il meglio.
Greyhound è a suo modo un film semplice, quasi classico per impostazione, anche in termini scenografici ricreati interamente in una CGI che, seppur non eccelsa, ne simula efficacemente l’ambientazione marittima e ricrea in modo abbastanza convincente anche i mezzi marittimi come anche, per quanto pittoreschi, gli U-Boot tedeschi.
Piuttosto anonima la regia di Schneider che si limita a seguire pedissequamente la storia senza eccessi di personalità o di stile e lasciando invece ben volentieri tutto lo spazio possibile al suo protagonista.
Molto buona invece la fotografia che, con i suoi colori tenui e freddi, riescono a rendere perfettamento l’ambientazione oscuro e glaciale dell’oceano tanto che, nonostante il caldo di una notte d’estate, si riesce quasi a percepire nelle ossa il gelo glaciale dell’Atlantico.
Assoluto protagonista della pellicola Tom Hanks, anche sceneggiatore, nel ruolo del Comandante Ernest Krause, moderno Capitano Achab contro un mostro non di carne e sangue ma di metallo seppur sempre nascosto nelle profondità dell’oceano, talmente ligio al dovere da non permettersi nè di mangiare nè di dormire ma di pensare solo ed esclusivamente al bene della sua nave e del convoglio a lui assegnatogli, un “buon pastore” (determinato seppur impaurito da una tale responsabilità) che deve difendere a qualsiasi costo il suo gregge da un branco di lupi affamati (non a caso, anche per un confronto diretto proprio con il "cane da caccia", il capo degli U-Boot si sceglie il nome di Grey Wolf)
Dietro al “mattattore” Tom Hanks un cast soprattutto di caratteristi in ruoli esclusivamente di contorno tra cui troviamo Stephen Graham, Rob Morgan, Manuel Garcia-Rulfo, Karl Glusman e vale la pena di menzionare anche il “cameo” di Elisabeth Shue, di ritorno in una produzione cinematografica dopo diversi anni.
Il film avrebbe dovuto debuttare nelle sale nei mesi scorsi ma vista l’emergenza sanitaria per il Covid-19 come per altri titoli si è invece scelta la distribuzione digitale grazie a Apple TV + che lo ha anche co-prodotto.
VOTO: 6,5
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