Regia di Aaron Schneider vedi scheda film
Quando ti ritrovi nella terra di nessuno, puoi contare solo su te stesso, sulle tue capacità decisionali. Sei consapevole che nessuno verrà in tuo soccorso e che il nemico ti colpirà senza alcun preavviso, avvalendosi della facoltà di comparire dal nulla, quando meno te lo aspetti.
In una condizione del genere, non c’è tempo per rifiatare. Ogni errore viene pagato a caro prezzo e la guardia deve rimanere costantemente alta, anche se le forze vengono a mancare e la fine è dietro l’angolo.
Greyhound: Il nemico invisibile è un film tutto d’un pezzo, forse anche troppo e indubbiamente un po’ personalizzato, una nuova esperienza cinematografica collegata alla Seconda Guerra Mondiale.
Nord Atlantico, febbraio 1942. Una flotta di trentasette navi americane solca l’oceano per dirigersi in Gran Bretagna e condurre sul suolo europeo migliaia di soldati.
Al capitano Ernest Krause (Tom Hanks) è affidato il compito di fronteggiare gli U-Boot tedeschi e scortare le altri navi lungo l’area che non dispone di alcuna copertura aerea.
Subiranno un attacco dietro l’altro.
Tratto dal romanzo Il buon pastore di Cecil Scott Forester, rimaneggiato dallo stesso Tom Hanks, Greyhound: Il nemico invisibile è un film essenziale, una pagina della Seconda Guerra Mondiale che meritava di essere raccontata.
Dunque, dopo essere approdato in Normandia in Salvate il soldato Ryan, Tom Hanks compie un passo indietro, raccontando di una tappa fondamentale per la risoluzione del secondo conflitto mondiale, che ha visto – come illustrato sui titoli di coda - 3500 navi affondate e più di 72mila vittime.
I protagonisti sono indubbiamente il mare aperto e un nemico invisibile, impossibile da anticipare sui tempi, contrastabile solo con riflessi fulminei.
Il film diretto da Aaron Schneider (regista di Funeral Party, premiato al Torino Film Festival del 2009 per le interpretazioni maschili) riduce al minimo gli additivi, tutti riconducibili – eccezion fatta per un paio di divagazioni delle quali, a conti fatti, non si capisce il senso - alla figura del capitano Ernest Krause, un comandante valoroso, senza macchia e sempre all’erta, prodigo di attenzioni e innervato di una franca umanità.
Nel suo sviluppo, ha un modus operandi degno di un rullo compressore e tiene il punto senza esitazioni, inanellando un pericolo dietro l’altro, senza concedere tregua.
Così facendo, è un war movie ma detiene una tensione talmente elevata da configurarlo come thrilling, sfruttando appieno una condizione avversa, di indubbio svantaggio (il punto di vista è esclusivamente legato al personaggio di Tom Hanks e alla sua nave)
In ogni caso, nonostante una strutturazione integra e un passo di gran carriera, solleva dei dubbi. Se da un lato è puntuale e coadiuvato dai tecnicismi del caso, dall’altro appare fin troppo cucito sul suo protagonista, senza aggiungere altro (quindi, perché convocare un caratterista del valore di Stephen Graham per poi tenerlo lì ad ammuffire?), risolvendosi in tempi insoliti per un film del genere (meno di ottanta minuti).
Scontando anche il rischio di assuefazione, Greyhound: Il nemico invisibile – pensato per il grande schermo dalla Sony e poi dirottato dalla Apple in streaming - ha una configurazione secca, fa valere il conto alla rovescia verso la salvezza, è estremamente centrato ma anche accademico, a cominciare dal meteo, avverso durante il pericolo e rischiarato appena quest’ultimo è terminato, con limiti riscontrabili nella sua stessa concezione ad personam.
Robusto e ristretto, per appassionati (di Seconda Guerra Mondiale e del mare aperto).
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