Regia di Silvio Amadio vedi scheda film
«Se gli anni '70 sono stati caratterizzati dall'operazione Matarazzo, cioè dal recupero dei "capolavori di massa" trascinati dalla critica, ci sarà verso il 2000 un'operazione Silvio Amadio?». Tullio Kezich, che scriveva queste righe nel 1982, è morto nel 2009 e ha fatto in tempo a vedere che una simile operazione per Amadio non c'è stata. Ed è difficile che fosse fatta sulla base di film ultrapopolari come questo, che somiglia da vicino alla sceneggiata napoletana, anche se, sempre Kezich lamentava che questo cinema «non ha certo lo spessore antropologico né l'astrazione surrealista delle sceneggiate di Mario Merola».
La storia del Carabiniere, appunto, sembrerebbe più adatta a uno spettacolo di marionette che a un film per il cinema. I protagonisti sono, infatti, due giovanottoni che lavorano i campi e vivono con mamma, rimasta vedova. Entrambi scapoli («c'è ancora tempo per farsi una famiglia» risponde a mammà il bistullone Fabio Testi, all'epoca più vicino ai quaranta che ai trent'anni), i due giovanotti hanno come migliori amici il parroco del paese (Silvio Spaccesi) e il maresciallo dei carabinieri. E proprio nell'arma si arruola il fratello più giovane (Massimo Ranieri), che nel frattempo si è fidanzato con la giovane figlia (Chiara Salerno) di un potente camorrista dal colletto bianco (Enrico Maria Salerno), che sta inutilmente tentando di acquistare, per i propri interessi edilizi, il terreno di proprietà dei due fratelli.
All'epoca il film piacque molto - così pare - alle gerarchie cattoliche, per la sua esaltazione dei valori tradizionali, in particolare di quello della famiglia, anche se il protagonista (Testi) è un giustiziere che, vista l'inerzia di chi deve fare giustizia secondo la legge, si vendica con le proprie mani. In più, le ragioni economiche del camorrista vengono mascherate con motivazioni sentimentali, quelle di un padre contrario a che la propria figlia sposi il rampollo della famiglia rivale.
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