Regia di Juan Josè Campanella vedi scheda film
Il fine giustifica i mezzi. Certo, se è lecito – o, comunque sia, almeno comprensibile - ricorrere a ogni tipo di sotterfugio per acciuffare un obiettivo, è proprio quest’ultimo ad assumere il ruolo di assoluta discriminante, che differenzia ciò che è giusto da quanto non lo è affatto. È quasi pleonastico aggiungere che, allo stato attuale, troppe volte le energie vengono riversate da autentici avvoltoi per fregare il prossimo, soprattutto per raggirare gli anziani, ritenuti degli sprovveduti, fiaccati dalla stanchezza, ormai estranei alle regole del gioco.
La succitata dinamica traccia il movimento principale di questo La casa delle stelle, una linea guida che rappresenta solo una minima parte di quanto di buono è riscontrabile al suo interno, confermando il talento di Juan Josè Campanella, un autore che avevamo perso di vista da qualche anno (di troppo) a questa parte.
Da parecchi anni, un gruppo di ex artisti composto da Mara Ordaz (Graciela Borges – La ciénaga, Il segreto di una famiglia), un’attrice che un tempo ebbe successo, Pedro (Luis Brandoni – Il mio capolavoro, Criminali come noi), un attore poco dotato, Martìn (Marcos Mundstock – Live-in maid), uno sceneggiatore brillante, e Norberto (Oscar Martìnez – Il cittadino illustre, Paulina), un regista sagace, convive in un’antica dimora, scollegato dal resto della società.
La loro quiete viene inesorabilmente infranta quando Francisco (Nicolas Francella – Alto mare), un agente immobiliare, e Barbara (Clara Lago – Il vicino), un notaio indipendente, irrompono nella loro appartata realtà, dapprima inondandoli di complimenti per poi tentare di convincerli a vendere la tenuta, assicurandosi il massimo guadagno possibile senza prendere in minima considerazione le esigenze altrui.
Mentre Mara è completamente succube di Francisco, gli altri inquilini captano il pericolo. Saranno disposti a compiere qualsiasi azione pur di sventare il pericolo.
Remake di un classico del cinema argentino, La casa delle stelle, giunto in Italia direttamente in home video grazie al buon occhio della Movies Inspired, vede tornare a brillare la stella di Juan Josè Campanella, apprezzato autore del considerevole Il segreto dei suoi occhi e successivamente del sorprendente e spiazzante Goool!.
In questa circostanza, sfodera un’encomiabile sintesi dei principali generi cinematografici, passando con assoluta scioltezza dalla commedia al dramma, dal sentimentale al thriller, senza scordarsi delle svariate sfumature appartenenti a ognuno degli stessi, dimostrando di possedere una padronanza totale, una conoscenza appassionata e versatile.
Dunque, compone una stesura sibillina e acuta, con più punti luce (ogni personaggio/attore ha a disposizione più momenti nei quali impadronirsi della scena), che distribuisce emozioni a più strati e step, partendo un incontro/scontro tra diverse generazioni, mondi a confronto che non hanno nulla da spartirsi, filosofie di vita collocate su posizioni separate da distanze siderali, tra chi non avrebbe più nulla da dire, se non stare nella sua dimensione di tranquillità, e chi sgomita per aprirsi un varco, noncurante di procurare dolore.
Questa contrapposizione è arricchita da spunti molteplici, che abbracciano la malinconia per quello che è stato e ormai è finito rinchiuso in uno scantinato, i rimpianti per quanto proprio non si è mai concretizzato, l’arrivismo senza scrupoli delle nuove leve, la mancanza di ogni forma di rispetto del nuovo che avanza, il confronto tra un passato sopito e un presente traballante, rinnovando il classico gioco del gatto con il topo, nel quale però niente si può dare per concluso e scontato fino al completamente dell’ultimo giro di boa.
Un ricco bagaglio che modella una commistione di umori e caratteri, contaminando cinema e vita, dove non è mai possibile fidarsi di un attore, tantomeno di chi ne ha diretti a bizzeffe e di chi sa inventare storie, scrivere parti e risvolti, inserire inflessioni.
Un complesso collegiale che ben figura sotto ogni punto di vista, un tracciato sulla carta breve che apre un cassetto dietro l’altro tramite chiavistelli accurati, con meccanismi agili e distesi, un congeniale senso della misura che sa quando calare i suoi assi nella manica e che valorizza un cast affiatato, capitanato da una palpitante Graciela Borges e dalla granitica sicurezza di Oscar Martìnez.
Forte di un decisivo crescendo finale, con tanto di strappo vincente, La casa delle stelle garantisce uno spettacolo esteso e completo, con un pronunciato eclettismo che distribuisce un pregevole sense of humour, un dramma intenso, una passione struggente e venature dark, senza mai fare una piega, senza scomporsi neanche quando cambia marcia.
Tra cattiverie e fragilità, un fiume di parole e azioni ponderate, un itinerario tutto sommato circoscritto e un’imbottitura sfaccettata, veleni e antidoti, con incessanti botta & risposta, conflitti tra chi tiene una guardia sempre alta e chi cede al piacere delle blandizie.
Sottile e conviviale, pragmatico e sgusciante.
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