La strada del successo per il giovane scrittore Andrea Serrano, costretto per mantenersi a lavorare in un obitorio, si spiana (almeno in apparenza) quando un celebre produttore cinematografico, Oscar Martello, si convince a portare sullo schermo la trasposizione del suo romanzo dal titolo "Non finisce qui". Ma da quel momento però, iniziano anche i guai: la regia viene affidata ad un cineasta piuttosto incompetente che male interpreta l'adattamento a cui lo stesso giovane autore ha messo mano; circostanza che spinge la giovane, ma già affermata protagonista dal nome esotico e colorato di Jacaranda Ponti(nonché amante del produttore), a cercare di distruggere le due copie esistenti della pellicola appena montata, per evitare che il fiasco dell'opera possa compromettere la propria carriera.
Da quel momento, produttore e scrittore, reciprocamente malfidenti ma uniti per salvare il salvabile, si impegnano a ribaltare le nefaste sorti del film montando un caso mediatico che possa assicurare pubblicità e visibilità alla pellicola: rapimenti o sparizioni, interventi della criminalità più o meno organizzata, allergie fatali, crisi coniugali riusciranno in qualche modo a salvare la pellicola anche oltre le più verosimili aspettative. Ma dei due paladini - autore dello script ed artefice della sciagurata trasposizione - che potrà mai esserne?
Il ritorno in singolo del regista Fabio Resinaro, balzato alle cronache e alla notorietà in coppia con Fabio Guaglione nel 2016 con la pellicola di respiro internazionale intitolata "Mine", avviene seguendo circostanze molto affini alla rocambolesca storia che viene narrata nel film medesimo: dal romanzo di Pino Corrias dal titolo "Dormiremo da vecchi", Fausto Brizzi ha tratto il soggetto che è divenuto la base per una sceneggiatura scritta da quest'ultimo e da Resinaro stesso, in cui l'attore e regista Luca Barbareschi, finisce qui per impersonare il suo stesso personaggio: quello di produttore, quale egli è oltre che interprete.
Ne scaturisce un film esagitato, debordante, sin caricaturale e coatto per via di quell'accozzaglia di personaggi sopra le righe che ne popolano la vicenda; ma DolceRoma si dimostra, anche e comunque, una irruenta e ritmata boccata di ossigeno nuova, quant'anche magari non del tutto sana o salutare, rispetto a tutto quel cinema nostrano votato inerzialmente verso la commedia facile e dai risvolti intimisti che affligge ogni settimana ogni nuova uscita cinematografica di origine nazionale. Un film che, almeno per una volta, sappia o abbia il coraggio di ambire ad una platea più eterogenea e diversificata che il solo pubblico nostrano, peraltro sempre più scettico e freddo nei confronti dei ripetuti ed abusati canoni della commedia di cui sopra.
Il cast variegato e ben motivato - capitanato dal bravo protagonista, un Lorenzo Richelmy glamour e affascinante che sa prendersi in giro quel tanto che basta per farcelo apprezzare pienamente,e dalla disinvolta Valentina Bellé, nei panni della star capricciosa e volubile nonchè di una protagonista in tutina di lattice dai retrogusti tarantiniani, completamente presa nella gestione della propria carriera - aiuta non poco pure esso a difendere un'opera peraltro tutt'altro che esente da pecche o facilonerie, all'interno della quale nemmeno tutto pare quadrare alla perfezione; e, tra i motivi più convincenti che riguardano il film, un leonino e mattatore Luca Barbareschi, a tratti davvero debordante in versione macho-pulp, aiuta in modo determinante a promuovere l'esagitata pellicola.
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