Regia di Mario Sequi vedi scheda film
Durante la seconda guerra mondiale la cantante Ester, ebrea, è contesa fra l’italiano Enrico e il tedesco Rudolf, ufficiale SS. Per gelosia l’ex fidanzata di Rudolf fa arrestare Ester e la fa infine condurre in un lager; riportata in libertà dall’arrivo degli alleati, incontrerà di nuovo Enrico, ma anche la sua terribile rivale.
Si preannuncia come un melodramma tipico di quei tempi, con tanto di titolo ‘musicale’ (Munasterio 'e Santa Chiara è un pezzo, all’epoca assai celebre, scritto da Michele Galdieri e pubblicato nel 1945), ma Monastero di Santa Chiara esordisce con l’ingresso in scena di Alberto Moravia – che si presenta annunciandosi nei panni di sé stesso – a colloquio con un anziano. Dopo l’iniziale spaesamento, però, tutto torna: questo breve inserto, e parimenti l’altrettanto rapida sequenza di chiusura, serve solamente a introdurre (e quindi a dare una conclusione) le vicende narrate dall’interlocutore di Moravia. Una storia di guerra, di amore, di sentimenti forti e di colpi di scena continui, con protagonista una cantante suo malgrado inserita in un triangolo amoroso decisamente colmo di rischi; una storia assolutamente consueta per il nostro cinema di quegli anni, quindi, per quanto messa in scena in maniera sufficientemente convincente e avvincente. Mario Sequi, il regista, è qui alla seconda prova dietro la macchina da presa; risulta anche sceneggiatore insieme a Fulvio Palmieri, Vinicio Marinucci e al Michele Galdieri autore della già citata canzone eponima. Da segnalare infine il cast artistico: accanto a nomi di pregio e a validi caratteristi – da Massimo Serato a John Kitzmiller, da Edda Albertini a Lamberto Picasso, da Nyta Dover a Paolo Reale – ecco che compare per la prima volta sul grande schermo il nome di Nino Manfredi. 4,5/10.
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