Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Una meticolosa ricostruzione dell’affare Dreyfus, che sconvolse la Francia alla fine dell’Ottocento.
Se si riesce a passare la prima metà del film, decisamente prolissa, retorica, pomposa (come d’altronde doveva essere l’ambiente militare nella Francia di fine Ottocento), L’ufficiale e la spia si rivela una visione decisamente godibile, che associa l’evidente importanza e attendibilità dei contenuti con una narrazione snella, solida ma scorrevole. Il ritorno di Roman Polanski dietro la macchina da presa a due anni di distanza da Quello che non so di lei è nel segno dell’impegno civile e, ancora una volta, della memoria; è infatti ben chiaro il focus della vicenda – l’affare Dreyfus – sull’antisemitismo che ne diede il via e non è possibile equivocare scene come quella, verso la metà della pellicola, in cui la folla impazzita scrive “Ebreo” sulla vetrina di un negozio, per poi spaccare quegli stessi vetri a sassate. In un clima europeo enormemente teso e in una montante campagna di odio verso gli ebrei ebbe luogo uno scandalo tanto potente da spaccare l’opinione pubblica in due e causare dimissioni di alti ufficiali e ministri francesi. Tutto questo ne L’ufficiale e la spia c’è, e Polanski restituisce con grande perizia allo spettatore quell’atmosfera confusa e rabbiosa nella quale (attenzione che arriva la strizzatina d’occhio alla contemporaneità) intervennero giornalisti, politici e perfino ‘liberi pensatori’ di vasta influenza come lo scrittore Emile Zola a muovere le acque generando dubbi, sospetti, complotti e controcomplotti. La Storia ha dato ragione a Dreyfus (e a Zola), a ogni modo. Nel cast Jean Dujardin, Louis Garrel, Emmanuelle Seigner, Gregory Gadebois e, in una particina, anche Luca Barbareschi che è del resto fra i produttori del lavoro; Polanski firma anche la sceneggiatura insieme a Robert Harris, da un libro di quest’ultimo. 7/10.
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