Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Tra il 1894 e il 1906 si dipanò in Francia una vicenda giudiziaria, l'affaire Dreyfus, che oggi è storia e Polanski tratta con la nota e appassionata acribia documentaria, rendendola avvincente come un thriller, denso di suspense e colpi di scena, attacchi alla persona fino all’agguato, al duello, al delitto.
Polanski porta in concorso a Venezia76 l’Affaire Dreyfus e riapre una vecchia ferita mai rimarginata nel cuore dell’Europa.
Era il 1894 quando nella Francia pronta a celebrare l’invenzione dei Fratelli Lumière il capitano dell’esercito francese Alfred Dreyfus, accusato di alto tradimento come informatore dei nemici tedeschi, nel cortile dell'École Militaire di Parigi venne degradato e confinato sull'isola del Diavolo, un atollo sperduto della Guyana francese.
Georges Picquart, ufficiale dell'esercito, presenziò alla pubblica condanna.
Promosso a capo della Sezione di Statistica del controspionaggio militare, Picquart si accorse che il passaggio di informazioni al nemico continuava e il colpevole era Charles Marie Ferdinand Walsin Esterhazy, spia mai condannata e successivamente uscita dall'esercito con il grado di maggiore nel 1898.
Dunque non era stato l’ebreo Dreyfus a macchiarsi di una colpa così grave.
Ma portare a galla la verità e riabilitare Dreyfus, riconsegnandolo alla famiglia e all’esercito che aveva sempre servito con onore, non fu cosa facile, scattarono omissis e reticenze, insabbiamenti e non expedit di generali, colonnelli e giù giù via dicendo, tutti sapevano e non parlavano, o non sapevano e non volevano sapere, l’ immagine delle patrie istituzioni ne sarebbe uscita infangata e per chi, poi? Un ebreo!
Tra il 1894 e il 1906 si dipanò una vicenda giudiziaria che oggi è storia e Polanski tratta con la nota e appassionata acribia documentaria, rendendola avvincente come un thriller, denso di suspense e colpi di scena, attacchi alla persona fino all’agguato, al duello, al delitto.
Picquart pagò di persona con mesi di carcere la sua testardaggine a voler sapere, la macchina del potere avanzò senza freni ed ebbe gioco facile per il sostegno di un’opinione pubblica molto pronta a gridare “Dalli all’Ebreo!”
E’ proprio sull'antisemitismo in Francia alla fine del XIX secolo che Polanski punta l’obiettivo fino all’ultima scena, quando, a riabilitazione avvenuta e verità accertata, appare Picquart che ha ottenuto prebende e cariche importanti a colloquio con Dreyfus che lamenta solo una misera reintegrazione nei ruoli precedenti, nulla che compensi lui e la sua famiglia di anni di prigione e persecuzione.
Suona molto amaro questo finale che i libri non ci raccontano, una giustizia a corrente alternata che, pur trionfando, segna le differenze.
Il filtro del tempo però rende giustizia, la famosa bilancia di cui parla Eschilo opera con tempi suoi, spesso molto lunghi e spesso incompatibili con i tempi dell’uomo, ma dell’Affaire Dreyfus oggi tutti sanno e soprattutto si ricorda la magnifica denuncia di Emile Zola, letta integralmente nel film, pubblicata il 13 gennaio 1898 dal giornale socialista L’Aurore con lo scopo di denunciare pubblicamente i persecutori di Dreyfus, le irregolarità e le illegalità commesse nel corso del processo.
Per questa presa di posizione Zola fu duramente colpito dall’opinione dei benpensanti e l’essere di di origine italiana, nato da padre veneziano, fu perfino un’aggravante.
Fu condannato ad un anno di reclusione e a 3.000 franchi di multa :
J'Accuse…!
Accuso il Luogotenente Colonnello du Paty de Clam di essere stato l'operaio diabolico dell'errore giudiziario, in incoscienza, io lo voglio credere, e di aver in seguito difeso la sua opera nociva, da tre anni, con le macchinazioni più irragionevoli e più colpevoli.
Accuso il Generale Mercier di essersi reso complice, almeno per debolezza di spirito, di una delle più grandi iniquità del secolo.
Accuso il Generale Billot di aver avuto tra le mani le prove certe dell'innocenza di Dreyfus e di averle soffocate, di essersi reso colpevole di questo crimine di lesa umanità e di lesa giustizia, per uno scopo politico e per salvare lo stato maggiore compromesso.
Accuso il Generale de Boisdeffre ed il Generale Gonse di essersi resi complici dello stesso crimine, uno certamente per passione clericale, l'altro forse con questo spirito di corpo che fa degli uffici della guerra l'arcata santa, inattaccabile.
Accuso il Generale de Pellieux ed il Comandante Ravary di avere fatto un'indagine scellerata, intendendo con ciò un'indagine della parzialità più enorme, di cui abbiamo nella relazione del secondo un imperituro monumento di ingenua audacia.
Accuso i tre esperti in scrittura i signori Belhomme, Varinard e Couard, di avere presentato relazioni menzognere e fraudolente, a meno che un esame medico non li dichiari affetti da una malattia della vista e del giudizio.
Accuso gli Uffici della Guerra di avere condotto nella stampa, particolarmente nell'Eclair e nell'Eco di Parigi, una campagna abominevole, per smarrire l'opinione pubblica e coprire il loro difetto.
Accuso infine il primo Consiglio di Guerra di aver violato il diritto, condannando un accusato su una parte rimasta segreta, ed io accuso il secondo Consiglio di Guerra di aver coperto quest’illegalità per ordine, commettendo a sua volta il crimine giuridico di liberare consapevolmente un colpevole.
Jean Dujardin, Louis Garrel ed Emmanuelle Seigner, magnifici protagonisti, Alexandre Desplat che ha curato la colonna sonora e Luca Barbareschi, coproduttore, hanno presenziato la conferenza stampa dopo la première del film. In assenza di Polanski, hanno opportunamente dichiarato di non raccogliere le polemiche dei giorni scorsi nate in sede di Giuria, ma di voler parlare esclusivamente del film. Quello che invece assolutamente andava detto, ed è stato fatto, ha riguardato il difficile processo di realizzazione del film, gli ostacoli incontrati in Francia e la storia infelice della famiglia Dreyfus successiva a quel caso.
Un applauso prolungato li ha accolti e accompagnati, come è giusto che accada.
www.paoladigiuseppe.it
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