Regia di Peter Cattaneo vedi scheda film
Tutto è laccato e calcolato, e la scelta, per le prove del coro, di una gamma di brani varia e importante presi perlopiù dagli anni '80 (con nomi come Tears for Fears, Sister Sledge, The Human League o Soft Cell), può servire qua e là a trovarsi a canticchiare qualcosa, ma non certo a farsi coinvolgere da un film karaoke prevedibile fino all'osso.
Stando ai dati forniti dalle note di produzione, esistono oggi oltre 2300 donne, mogli di militari, che si sono raggruppate in 75 cori in giro per il mondo: la funzione di questi cori è tenerle occupate, distogliendole dal fardello dell'attesa del ritorno dei mariti spediti sul fronte.
Con la scusa sempreverde del prender spunto da una storia vera, Peter Cattaneo si tuffa a pesce in un'operazione che ricorda da vicino la sua pellicola di maggior successo (o forse l'unica), Full Monty, come quella strutturata su un training che si conclude su un palco dove però, al posto dello spogliarello, c'è stavolta una prova canora. La missione è quella di raccontare la storia edificante del primo gruppo di autoaiuto trasformatosi in coro ed arrivato ad esibirsi nella Giornata della Memoria al Royal Albert Hall di Londra, scegliendo come location di partenza l'immaginaria base militare di Flitcroft, nell'Inghilterra impegnata in Afghanistan del 2001, e ponendo a capo di questo drappello due donne in perenne attrito tra loro: da un lato Kate, moglie di un colonnello non più giovanissimo partito volontario, che crede nell'utilità del progetto e che dall'alto del lutto già subito con la morte in una missione precedente del proprio unico figlio si sente in diritto di dare alle altre indirizzi e consigli, e dall'altro Lisa, moglie del sergente maggiore e vero 'capo' imposto dall'alto, che vede questi incontri però come dei semplici passatempi.
A tener viva l'attenzione di Military Wives è quasi unicamente il rapporto conflittuale tra loro (interpretate rispettivamente da Kristin Scott Thomas e Sharon Horgan), dove alla puntigliosità ed al fare metodico della prima fa da contraltare l'approccio disimpegnato della seconda, e dove gli altri personaggi sono definiti anche in maniera decente, ma calati in una sequela di scenette pseudo-comico-musicali dal fiato corto, alternate con il bilancino ai momenti in cui il pathos sale cercando di strappare la lacrima. Tutto è laccato e calcolato, e la scelta, per le prove del coro, di una gamma di brani varia e importante presi perlopiù dagli anni '80 (con nomi come Tears for Fears, Sister Sledge, The Human League o Soft Cell), può servire qua e là a trovarsi a canticchiare qualcosa, ma non certo a farsi coinvolgere da un film karaoke prevedibile fino all'osso.
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