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Il Colosso di Rodi

Regia di Sergio Leone vedi scheda film

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La recensione su Il Colosso di Rodi

di Furetto60
7 stelle

Primo lungometraggio del maestro "Sergio Leone".Non il migliore dei suoi film , ma comunque godibilissimo

Siamo nel III secolo A.C. nell’incantevole isola di Rodi, il nobile ateniese Dario è ivi in vacanza presso lo zio, per ritemprarsi, dopo le fatiche della guerra con i Persiani, ma soprattutto per rimorchiare, Proprio il suo parente gli ha riferito, che quella è l’isola delle belle donne e della pace. Tuttavia, sotto la quiete apparente, cova il malcontento popolare, contro il re Serse, due volte nello stesso giorno qualche disperato esasperato, prova platealmente e vanamente ad eliminarlo. In sostanza costui è un megalomane despota, che tiene sotto il suo giogo, il popolo ormai ridotto in schiavitù. In preda a un delirio di onnipotenza ,ha fatto costruire il famoso colosso, una statua di dimensioni ciclopiche, che posta all’ingresso del porto, dovrebbe salvaguardare l’isola da eventuali attacchi nemici, Non tutti sono rassegnati a subire le angherie e i soprusi del re, ci sono dei cospiratori che mirano a rovesciare il tiranno, peraltro anche a Corte si tessono trame di intrighi e complotti per destituire Serse, in particolare il consigliere Tireo, usando l'appoggio esterno dei Fenici, interessati alla posizione strategica dell'isola, è pronto a consegnargliela, in cambio del trono, infatti clandestinamente ha già introdotto e nascosto  a Rodi, alcuni soldati fenici, pronti ad attaccare. Dario fa la corte a Dalia, figlia dell'architetto creatore del Colosso, donna assetata di potere e complice del doppiogiochista Tireo. Il nobile greco, si ritrova coinvolto, suo malgrado, ma siccome è un giusto, parteggia per i “peones” con i quali combatte contro gli arroganti sodali del re, sembrano riuscire ad avere la meglio quando scoppia un terremoto che distrugge persone e case, sopravvivono solo i giusti e non tutti. Sospeso tra ironia e kolossal "IL colosso di Rodi" costituisce  il vero esordio alla regia di  Sergio Leone, allineandosi ad un filone molto in voga all’epoca, quello su cui il regista negli anni precedenti  si era fatto le ossa durante gli anni '50 coadiuvando  maestri del calibro di  Kubrick in Ben-Hur: un intreccio tra storia antica, mitologia e l'epico-fantastico. Qualcuno ha giudicato a torto, con sufficienza questo lavoro, ma è un'opera lodevole per il risultato raggiunto, in considerazione dell'epoca in cui è stato girato (1961). L’autore percorre una strada rodata quella del plenum, non per conformismo opportunista, bensì per saggiare gli umori di un pubblico, che aveva sempre mostrato di apprezzare quella tipologia di cinema, non azzardando ancora esperimenti cinematografici. Ciò nonostante la regia è precisa e meticolosa, con citazionismi colte come la scena del duello avvenuta sul Colosso, dichiarato omaggio a “Intrigo internazionale” di Hitchcock  e una diligente fotografia, peraltro gli effetti speciali del tutto artigianali, senza l'artifizio del digitale, sono di tutto rispetto. Sono però già riconoscibili alcune caratteristiche tipiche del cinema di Leone: innanzitutto l'aspetto umanista, su cui è impostata l'opera: la lotta sacrosanta tra schiavi-puri e legati da vincoli di solidarietà e fratellanza e di contro un regime tirannico-ottuso e liberticida, “la libertà di un popolo vale più di sei vite umane”, afferma il valoroso capo dei ribelli. Da una parte quindi l'esaltazione di figure solide e moralmente rigorose, non solo nel fisico ma anche nello spirito, dall'altra la fiera del kitsch, tra una morte e l’altra, ballerini , funamboli e acrobati, si prodigano in coreografie e numeri, per allietare il sovrano e la corte sprezzante, quindi è quasi palpabile la critica alle nefandezze  morali del potere, la decadenza dei costumi della corte reale. La considerazione per gli oppressi si esprime nello slancio della folla, che diventa protagonista assoluta nello spettacolare finale, con la liberazione ottenuta a prezzo del sangue. Naturalmente non può mancare il tema amoroso-sentimentale, per il più classico dei canovacci condito con tanta violenza, e annesso di torture e supplizi vari.

 

 

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