A Rodi, mentre Tireo (Conrado Sanmartin) trama per rovesciare il regnante (Roberto Camardiel) facendo penetrare nell'isola un contingente militare fenicio a dispetto del colosso fatto erigere dal monarca per presidiarne il territorio, gli schiavi meditano una rivolta. A questi ultimi si unirà l'ateniese Dario (Rory Calhoun), sempre alla rincorsa di qualche sottana ma anche eroe di una giusta causa. L'insurrezione schiavista sarà brutalmente stroncata grazie ad una soffiata, mentre il tentativo di golpe verrà meno a causa di un terremoto che farà anche crollare il colosso, simbolo dell'isola.
Pur inzeppandolo di strafalcioni storici (ci sono quasi due secoli tra il regno di Serse e l'edificazione del colosso e, per di più, Serse successe a Dario e non viceversa), Leone, al suo primo vero lungometraggio, realizza un film ambizioso che si leva di una spanna sui peplum tanto in voga in quegli anni. Le scenografie sono all'altezza della situazione, la narrazione è scandita con ritmo e coerenza a dispetto dei molteplici intrecci del copione (scritto da Ennio De Concini, Sergio Leone, Cesare Seccia, Luciano Martino, Aggeo Savioli, Luciano Chirattini e Carlo Gualtieri) e soltanto le scene di lotta, alla luce dei mezzi oggi disponibili, avvertono l'usura del tempo. Memorabili, per il macabro sadismo che esprimono, le scene in cui si vedono torturare gli schiavi.
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