CINEMA OLTRECONFINE
La giovane e bella Hunter sta vivendo un periodo particolarmente favorevole della sua vita: ha sposato Richie, un bel ragazzo figlio di un industriale che gli sta affidando la gestione dell'azienda di famiglia, eredità familiare che il ragazzo pare in grado di gestore con competenza e successo.
I due vivono in una splendida ed asettica villa ove regna ordine e perfezione, ed in cui la donna vive in solitudine gran parte della giornata, regina incontrastata tra arredi impeccabile ed ordine certosino.
Il coronamento di una perfezione ormai vicina, sembra raggiunto quando la donna scopre di essere incinta.
Tuttavia da quel momento, Hunter viene colta da una morbosa tendenza compulsiva ad ingerire oggetti svariati che le si presentano di fronte, finendo per metterla in pericolo sia a livello psicologico, sia a livello psichico.
Ecco allora che allo spettatore si spianano i più inquietanti e aperti interrogativi, che inizialmente parevano semplicemente addentrarsi all'interno di quella famiglia alto borghese solo apparentemente impeccabile e perfetta. La turbe psicologica invece ha origine all'interno della famiglia della ragazza, e poco per volta la sceneggiatura tenta di spiegarcene i morbosi, inquietanti dettagli.
Tenta, in quanto non riesce per nulla a convincerci, questa opera del regista Carlo Mirabella-Davis presentata al Tribeca Film Festival, ed ora nelle sale francesi.
Lasciando, anzi abbandonando a se stesso nel sentiero narrativo che pareva ormai spianato, ogni altro indizio inerente i dettagli sin precisi fino a poco prima dedicati alle figure emblematiche e inquietanti del marito e relativi genitori/suoceri della protagonista, attraverso una decisa e sin feroce critica del falso perbenismo del ceto alto americano, dell'intransigente sessismo con cui viene relegata una moglie-statuina scelta come contorno, perfetto ed impeccabile, più che come parte integrante di una vita matrimoniale improntata sul reciproco rispetto.
Surclassati invece, questi interessanti ed incalzanti elementi, da una svolta narrativa repentina e poco convincente che comunica a noi del pubblico più dubbi e perplessità che condivisibili certezze.
Restano infatti irrisolti troppi percorsi spianati nell'interessante incipit, e poi risolti nella banalità di una soluzione più facile e frutto di un intrigo gestito in modo frettoloso e tergiversante.
Buona la prova di Haley Bennet, protagonista assoluta della inquietante svolta che segna e devasta la vita della turbata e di fatto abbandonata a se stessa moglie "privilegiata".
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