Regia di Georges Méliès vedi scheda film
Una camera d'albergo ospita un cliente, costretto a subire il manifestarsi di una realtà altra, impossibile, e per nulla razionale.
Giunto nella camera di un albergo, l'ospite (Georges Méliès) si prepara per riposare, data -evidentemente- l'ora tarda e la stanchezza. Ma qualcosa (o qualcuno), in quella minuscola stanza, sembra prendersi gioco di lui: la giacca scompare, assieme alla valigia, appena tolta di dosso; il cappello si mette in movimento per poi svanire nel nulla; la candele magicamente cambiano di posizione o, addirittura, esplodono. Dopo aver subito la manifestazione di ulteriori inspiegabili fenomeni, l'uomo decide di abbandonare l'albergo.
Ancora una minuscola stanza, con arredamento ridotto all'essenziale, e un letto: elementi sufficienti per Méliès a scatenare la fantasia. Il ribaltamento della logica, la sovversione delle certezze, la poco rassicurante scoperta che lì, in quel minuscolo ambiente, la ragione cede spazio all'improbabile. Non c'è storia, e non potrebbe essercene data l'assunto e la brevità del filmato, alla base dell'azione. Azione che è comunque inarrestabile e che non concede tregua al sorpreso (infine spaventato) protagonista.
Un momento di cinema primordiale, perciò genuino, inteso nel senso più puro ed etimologico del termine (dal greco: κiνημα, movimento), ovvero delle immagini in evoluzione, in un continuo divenire; ma inteso anche come azione dell'immagine (cioè a dire immaginazione). La sorpresa di fronte all'impossibile: un effetto ricercato, studiato, desiderato costantemente da Méliès. E niente, meglio di una sala buia, attraversata da un fascio di luci, può favorire il clima di sospesa, quando non azzerata, razionalità degli eventi.
Opera cinematografica di pubblico dominio
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