Regia di Jon Favreau vedi scheda film
Riuscito remake di un classico Disney con l'utilizzo della Computer Grafica foto-realistica. Avventura, pathos ed una buona dose d'ironia per una pellicola che si posiziona a metà strada tra un documentario naturalistico ed un thriller animalista.
Simba è un leone appena venuto al mondo, piccolo e indifeso, ma con un futuro non qualunque: è il primogenito di Mufasa, il sovrano delle Terre del Branco, una landa lussureggiante e paradisiaca immersa nel cuore dell'Africa centro-orientale.
Mufasa è amato da tutti, scimmie, volatili, persino da quelle antilopi che (talvolta) diventano pasto succulento per i più forti felini; ma Mufasa ha un fratello, Scar, che porta con se un atavico rancore ed una rabbia interiore che non riesce a scrollarsi di dosso, proprio come quella cicatrice che dal suo volto non andrà mai più via.
Un giorno, Simba, spinto dalle brame dello zio, si avventura fuori dai confini dell' interregno, verso una zona chiamata "cimitero degli elefanti": se la caverà per poco, grazie al pronto intervento del genitore. Ma quest'ultimo non ha intuito le (poco) reali intenzioni del parente di sangue il quale -del sangue- non sente alcun richiamo affettivo. Sarà la prematura dipartita del Re a scatenare una serie di eventi lungo un arco temporale di alcuni anni che porteranno Simba (che in swahili significa semplicemente "leone") ad una nuova consapevolezza.
Il Re Leone (USA, 2019) è il rifacimento dell'omonimo film disneyano del '94, liberamente creato dagli sceneggiatori ed autori della grande casa di produzione; arriva un quarto di secolo dopo con un' identica storia (seppur parzialmente modificata) ed una tecnica realizzativa completamente diversa: la computer grafica ha, nel frattempo, fatto passi da gigante e quella utilizzata in The Lion King è la versione "fotorealistica", che ci consegna un mondo animale del tutto reale, come se stessimo guardando un documemtario su Discovery Chanel.
Nei primi minuti si ha proprio quella sensazione, piacevole, di un tuffo nella Savana, che s'interrompe nello stesso momento in cui cominciano i dialoghi. E qui c'è, a mio modesto avviso, il punto di debolezza dell'opera di Jon Favreau, se non altro nella versione doppiata in italiano: ho trovato decisamente inappropriata la scelta (come si usa fare in molti casi) di dare una voce famosa al protagonista.
Nulla da dire sulla bravura di Mengoni, ci mancherebbe, ma di doppiatori bravi nel nostro Paese ce ne sono davvero tanti: ergo, la scelta la ritengo incomprensibile. Discorso diverso, ad esempio, per il villain del lungometraggio, alias Scar, doppiato con assoluta maestria da quel grande caratterista, attore e doppiatore che risponde al nome di Massimo Popolizio, senza contare il sempre gradevole Luca Ward che presta la sua voce, sempre più profonda, a Mufasa.
Avventura, pathos, scene mozzafiato, una bella dose d'ironia (soprattutto grazie agli innesti nella seconda parte del film di Timon e Pumbaa) ed una colonna sonora ancora una volta di tutto rispetto, a cominciare dalla riproposizione dell'ormai classico Hakuna Matata.
Da vedere con i figli ma anche senza: di un certo Cinema, quello romantico, quello politicamente corretto, quello che emoziona, ce n'è ancora tanto bisogno.
Voto: 8
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