Regia di Grant Sputore vedi scheda film
Esordio alla regia di Sputore (che prima aveva diretto solo alcuni episodi delle [sconosciuta] serie Castaway), I Am Mother, capace di attirare l’attenzione in virtù della sua distribuzione su Netflix, rappresenta sicuramente un film di fantascienza dalla premesse piuttosto intriganti (per quanto, fatalmente, non particolarmente originali), capace di reggere gran parte della durata, oltreché in alcuni segmenti indubbiamente affascinante
(SPOILER: vedi le scene dal momento in cui le due scappano dal compound, e si ritrovano immerse per una fitta nebbia e vagano sino a giungere in vista d’una spiaggia che è di fatto diventata un cimitero di container FINE SPOILER).
Peccato solo che non sia affatto brillante quanto evidentemente crede di essere, nonostante gli interessanti spunti filosofici, etici e antropologici che si dimostra in grado di sollevare, più o meno velatamente e più o meno volontariamente
(tra i quali possibili il più interessante risulta essere probabilmente quello riguardante il libero arbitrio; ovvero: è possibile esista nonostante un’educazione unidirezionale portata avanti per tramite dell’interazione con un unico essere, peraltro neppure umano? Senza il rapporto con gli altri, col mondo, senza i molteplici stimoli e le molteplici suggestioni, le letture, le visioni, le esperienze [non precedentemente filtrati, come fatto invece in questo caso dal robot in vista del raggiungimento del proprio obiettivo di “produrre” una sorta d’“oltre-uomo”] è possibile sviluppare una vera e propria identità? E’ possibile diventare davvero un essere umano, e non semplicemente una macchina plasmata, programmata nei minimi dettagli al pari di un androide? [lo sguardo finale della protagonista lascia intendere che forse non è possibile: il libero arbitrio non esiste e lei è stata condotta esattamente dove voleva fin dall’inizio la “Madre”]).
E peccato risulti un poco irrisolto.
Gran parte degli sviluppi sono abbondantemente prevedibili, salvo uno, e pertanto la suspense talvolta ne risente; inoltre, non tutto fila proprio liscio come l’olio dal punto di vista della narrazione
(SPOILER: soprattutto, perché mai la ragazza, a quanto pare sensibile, dovrebbe essere una buona madre nell’ottica “selezionatrice” del robot, che non si è fatto scrupoli a “scartare” chi non abbastanza adeguato secondo i suoi parametri? “Figlia” sarebbe in grado di operare questo “scarto”? E se no, com’è probabile, che fine fa tutto il piano “eugenetico” della super-intelligenza artificiale? Va’ a farsi benedire, si potrebbe giustamente dire...FINE SPOILER).
Diversi possibili snodi, poi, capaci di fornire altrettante possibili risposte dando dunque un quadro più completo e coerente dell’insieme, vengono opportunamente scansati (ad esempio: da dove arrivano le macchine? Chi le ha prodotte? Per quale scopo? Come fanno a rigenerare un terreno a quanto pare prima stantio?), lasciando molto nell’indeterminatezza e all’interpretazione dello spettatore (una soluzione sempre un po’ troppo conveniente).
Comunque sia, questo I Am Mother non lo si può certo considerare un pessimo film, anche grazie alle scenografie, ai credibili effetti speciali e alle ottime interpretazioni delle attrici (menzione speciale per una mai da sottovalutare Hillary Swank);
anzi, è un film discreto, consigliabile, che, come già accennato, nonostante le molte incrinature a livello narrativo almeno in un risvolto riesce a non essere totalmente prevedibile
(SPOILER: ammesso, chiaramente, che la donna interpretata dalla Swank possa davvero essere considerata come la prima “figlia” allevata da “Madre”, cosa che pare comunque essere lasciata intendere nei minuti finali, e che d’altra parte spiegherebbe il dialogo finale tra lei e “Madre” [in pratica, è possibile che lei sia servita da prova finale per la giovane figlia odierna, da superare in modo tale da dimostrare al robot di poter essere una buona madre, o una madre tutta sacrifici, disposta a rimanere nel bunker, resistendo alle tentazioni {nonostante, va detto, non è che la libertà offerta dal desolante mondo esterno si possa dire molto allettante} e a non far altro che accudire i pargoletti FINE SPOILER).
Un film discreto, che però lascia un po’ troppi buchi aperti e non spiega fino in fondo la faccenda (la stessa questione appena citata circa il personaggio della Swank è una mera speculazione), e soprattutto è a perenne rischio déjà-vu
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