Regia di Erich von Stroheim vedi scheda film
VOTO 10/10 Capolavoro riconosciuto del cinema muto, esistente in una versione profondamente mutilata che qualche anno fa si è cercato di integrare con fotografie provenienti dagli archivi della MGM che ricostruivano le scene perdute, ad opera dello studioso di cinema Rick Schmidlin. Questa nuova versione, che non sono ancora riuscito a vedere, sembra che duri circa quattro ore. Tuttavia, devo ammettere di non essere un grande fan di questo tipo di operazione, perchè secondo me le foto fisse non riescono a rendere un'idea di quello che dovevano essere le sequenze perdute, quindi a quel punto forse è meglio lasciare il film nelle condizioni in cui si trova, seppur incompleto (stesso discorso ad esempio per le sequenze ricostruite di E' nata una stella di Cukor). I tagli all'epoca furono voluti dal produttore Irving Thalberg, e furono dovuti certamente alla smania di gigantismo del regista Erich Von Stroheim, che in un primo momento aveva progettato di far durare il film circa otto ore. Io sono riuscito a vedere la versione che circola normalmente, di circa un'ora e quarantacinque minuti, ma devo riconoscere che anche questa versione mantiene un impatto di notevole forza, pur essendo trascorsi tanti anni dalla data di realizzazione. Rifacendosi a un romanzo americano della scuola naturalista, von Stroheim ci descrive gli effetti nefasti dell'avidità umana (il titolo originale significa proprio "avidità" e non "rapacità"), le forze oscure che corrompono e causano la rovina di tre personaggi : il protagonista John McTeague, un uomo rozzo e violento, la sua misera e volgare moglie Trina e il loro amico Marcus. Tutti sono resi schiavi dalle loro passioni sfrenate e dalla cupidigia per il denaro e l'oro. L'influenza di Zola è evidente, con una sorta di realismo esasperato che non arretra di fronte a particolari morbosi e che spinse il regista, come è noto, a girare le ultime sequenze nel deserto della Death Valley, in condizioni proibitive. Dunque un'opera smisurata e geniale, un film d'autore al cento per cento che anticipa il conflitto fra le esigenze artistiche del regista e quelle più bassamente commerciali del produttore (vedasi Il disprezzo di Godard), un saggio da manuale sulla follia risultante da tare sociali ed ereditarie, secondo i precetti del romanzo tardo-ottocentesco di Frank Norris, un classico della letteratura americana. Fra le sequenze memorabili, la seduzione di Trina nello studio dentistico, il matrimonio e la festa di nozze con particolari funesti come il passaggio di una processione funeraria, e soprattutto le sequenze finali della fuga all'Ovest di McTeague e della lotta con Marcus nella Valle della morte. Raramente al cinema è stata mostrata in maniera così realistica e penetrante la smania distruttiva e il furore di personaggi condannati al più totale annientamento. Importante il contributo degli attori Gibson Gowland, Zasu Pitts e Jean Hersholt, con una recitazione febbrilmente espressiva che, pur risentendo delle convenzioni tipiche del cinema muto, risulta ancor oggi efficace in maniera impressionante. Da notare che si tratta dell'unico film di Stroheim di ambiente americano.
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