Regia di Wei Zhang vedi scheda film
Far East Film Festival 21 – Udine.
Quando un’ideologia è radicata e, di conseguenza, assunta come un dogma invalicabile, non è pensabile scardinarla dall’oggi al domani. Dal lato di chi è nella condizione di dover modificare il punto di vista altrui, occorrono una perseveranza incontrollabile e la consapevolezza di procedere per gradi, dall’altro almeno una minima propensione all’apertura.
Per quanto conflittuale, il legame tra padre e figlio ha una retroguardia umana che agevola il raggiungimento di una piena comprensione, comunque ottenibile, almeno nei casi più complessi, mediante un processo laborioso, un periodo che prospetta ripetutamente una rottura imminente ma che, alla fine, può arricchire ambo le parti, erigendo un rapporto migliore.
Per poter finalmente procedere con l’operazione di cambio del sesso che da tempo anela al di sopra di ogni altra cosa, il giovane transgender Huanyu (Yuan Weijie) necessita del consenso firmato di suo padre Jianguo (Huang Jingyi), all’oscuro da sempre del suo reale orientamento sessuale.
Appresa la notizia, la prima reazione di Jianguo è incredula. Successivamente, tenterà in ogni modo di dissuadere il figlio visto che, legato com’è a una rigorosa comunità cristiana, non accetta in alcun modo una prospettiva simile.
Solo il tempo potrà dirimere la diatriba.
Da quando ha iniziato l’attività da regista, Zhang Wei ha polarizzato le attenzioni sulle contraddizioni che attanagliano la società cinese. Così, dopo aver parlato degli immigrati africani (Beijing dream), affondato il colpo sulle multinazionali (Factory boss) e messo sotto i riflettori le discriminazioni subite dai disabili (Destiny), con The rib affronta un altro tema tortuoso, un autentico tabù qual è l’identità sessuale, tanto più quando è rapportata con la religione.
Lo svolgimento, scaturito da una minuziosa sceneggiatura scritta a quattordici mani, è puntuale, non manca di nulla e contestualmente non contempla elementi superflui a intaccarne la spina dorsale, dragando un processo di affermazione identitaria che non ammette ritardi, così come un contrappunto di resilienza, all’interno di un legame tra padre e figlio in costante metamorfosi.
Un tragitto accidentato e frontale, che non omette alcun aspetto, tra questioni tecniche legate alla burocrazia, la forza d’animo di chi non ha petali da sfogliare nella sua margherita e un padre che si trova catapultato in una circostanza imprevedibile.
I due personaggi chiave sono dettagliati meravigliosamente, il contorno aggiunge variabili struggenti e la questione legata alla fede cristiana è sviscerata senza alcuna ritrosia (viene ricordato che i cattolici dovrebbero amarsi tra loro senza dietrologie), un miracolo se pensiamo che il film è stato tagliato di circa quaranta minuti per passare le forche caudine della censura cinese.
Tanto più per questo motivo, The rib è un esemplare d’inaffondabile integrità, tale da arrivare al punto senza tralasciare nulla, con ripetuti confronti tra scienza e fede, i sensi di colpa e la consapevolezza che brucia ogni intralcio, con un raffinato ricorso al bianco e nero, che sfrutta l’unico elemento extra, un vestito rosso (ricordate Schindler’s list?), per simboleggiare il desiderio di vivere pienamente.
Umano, pugnace e circostanziato: di tiratura limitata.
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