Regia di Karim Hussain vedi scheda film
Con pochi mezzi, privo di idee (e con sprezzante menefreghismo nei confronti dei gusti del pubblico) il regista canadese Karim Hussain -dopo il discutibile esordio Subconscious cuelty- gira un'opera inclassificabile, sgraziata, priva di contenuto pur se ben confezionata.
Una entità, dagli immensi poteri, ha eliminato il Creatore. Di conseguenza, in un mondo senza più Dio, caos e corruzione sono predominanti. Tre donne tentano di individuare il responsabile di tale anarchia per eliminarlo e ristabilire l'ordine.
"Un giorno, l'inimmaginabile apparve, e soffoco' il mondo con il surrealismo e la magia. Gli occhi furono sopraffatti da visioni al di là dei nostri sogni. Il creatore di tutto ciò che conoscevamo, inclusi i nostri corpi e le nostre anime, fu assassinato. In qualche modo, in un posto isolato e lontano, qualcosa fu abbastanza potente da combattere e rovesciare il nostro Dio. Questa stranezza causò lo sprigionamento dell'energia del nostro Creatore, quando fu ucciso, e ricadde su ogni creatura mortale rimasta in vita, trasformando la gente comune in profeti e divinità. Tutti furono improvvisamente capaci di fare miracoli, che gli piacesse oppure no. La pura umanità dei pensieri e dei desideri dei sopravvissuti però, non poteva essere cambiata. Fede e terrore si innalzarono a livelli insormontabili, e la maggior parte di essi si trasformarono in gelosia e rabbia in pochi istanti. C'era un mondo intero di miracoli tra i pochi rimasti che ora erano davvero a immagine del loro Creatore. In qualche modo le cose dovevano essere fermate. C'era una sola possibilità di uccidere questa piaga di saggezza nell'umanità. Quale fu la causa, innanzitutto?". (Introduzione d'apertura pronunciata da una voce femminile, la stessa dell'incipit di Subconscious cruelty)
L'ascesa verso l'alto -simbolica come tutta la trama del film- è quella intrapresa da tre donne, vestite con abiti quasi sacrali, in differente stato d'età: una ragazza (incinta), una donna e un'anziana. Una di loro sostiene una valigia, il cui contenuto è di importanza vitale. La struttura da scalare è invece quella di una squallida area industriale, una centrale o un'officina dismessa. Premesso che la colonna sonora, così come la fotografia (frutto dello stesso regista) denotano un certo stile, è però innegabile che Hussain, dopo Subconscious cruelty, decida qui di compiere un vero e proprio suicidio artistico. Il budget evidentemente scarso impone di sfruttare la brutta e metallica location ma il più grosso limite di Ascension è l'improponibile sceneggiatura che costringe lo spettatore a subire per oltre cento minuti, logorroici e pseudofilosofici dialoghi messi in bocca alle protagoniste senza alcuna logica. Logica che -strutturalmente- manca alla base del film. I più ben disposti (comunque una minoranza rispetto alla media del pubblico, anche quello più tollerante) cercheranno di trovare similitudini con il russo Tarkosvkij o filosofici secondi significati, fatto sta che Ascension rimane solo un brutto film, in grado di generare sbadigli e disinteresse sin dalle prime inquadrature. È possibile, in filigrana, ritrovare alcuni temi eversivi presenti in Subconscious cruelty: certa irriverente misoginia, il pessimismo che sta alla base della vita cominciando da un parto infelice, e più in genere un accanimento verso la religione. Non sono certo sufficienti un paio di trovate (l'occhio nel "muro del pianto", il brano Playgirl, la pellicola blu) a rendere più interessante (e soprattutto digeribile) questo vanaglorioso e inutile esempio di snobbismo cinematografico, che definire cerebrale è un complimento immeritato. Nei titoli di coda il film è dedicato a Patric "Crocodile" Desilets: noi però dubitiamo che -dato il risultato- il pensiero sia stato gradito.
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