Regia di Vincent D'Onofrio vedi scheda film
Di indubbio interesse l’iniziativa artistica dell’attore Vincent D’Onofrio, qui alla sua seconda e ultima (fino a questo momento) regia ma al primo lavoro degno di essere ricordato. L’indimenticabile, stupefacente, 'Palla di lardo' vittima e carnefice dell’implacabile sergente maggiore Hartman in Full Metal Jacket (Stanley Kubrick, 1987), con questo The Kid si mette di nuovo in gioco e strappa una sufficienza non certo abbondante ma che rende lecito sperare in un futuro da cineasta ancor più munifico.
Henry McCarty altrimenti noto come Billy the Kid (vissuto tra il 1859 e il 1881) cui è dedicato il titolo di questo film, è un personaggio storico ambiguo, temuto e ricercato dai tutori dell’ordine – protagonista della mitologica guerra del bestiame nella contea di Lincoln (New Mexico) e perseguitato dalle leggi – ammirato e persino amato dagli abitanti di alcuni villaggi in cui pare abbia dato prova di nobili qualità umane probabilmente ereditate in particolare dalla madre.
Al centro della vicenda, che nella sceneggiatura è riproposta dalla prospettiva di un ragazzino patricida per aver difeso madre e sorella, due figure chiave dell’epica della nuova frontiera statunitense, Pat Garrett e, appunto, Billy the Kid. Nelle parti rispettivamente un baffuto e sgualcito Ethan Hawke (di recente protagonista di Rapina a Stoccolma, di Robert Budreau, 2018) e un quasi imberbe e sporco Dane DeHaan (che nel 2015 fu James Dean nel biografico Life, di Anton Corbijn). Pur senza sfigurare, nessuno dei due riesce ad arpionare la simpatia di chi guarda, il primo perché fin troppo serioso ma non abbastanza burbero nei panni dello sceriffo acchiappa-cattivi, il secondo perché non convincente nel rendere la natura mista di quella sorta di faccia d’angelo, oscillante fra bene e male, che fu McCarty.
La pellicola in sé, non va oltre l’encomiabile opera di ricostruzione di un Far West più che mai sudicio e straccione, molto vicino a quello di riuscitissime e più o meno recenti operazioni come La proposta (John Hillcoat, 2005), L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (Andrew Dominik, 2007) o anche Gli spietati (Clint Eastwood, 1992). Racconti in immagini in cui leggenda e ricostruzione storica si mescolano in un connubio che trascina lo spettatore in un universo colmo di suggestioni: scalpiccio di zoccoli e fetore di sterco di cavalli, clangore e puzzo di cordite di rivoltelle e carabine, sgocciolio di sangue e tanfo di morte dopo cruente sparatorie su strade sabbiose o dentro luride taverne. O anche in autentiche pietre miliari del cinema di genere come l’intera Trilogia del dollaro (Sergio Leone, tra il 1964 e il ’66), in cui addirittura il protagonista (ancora Eastwood, che allora avvertì il mondo di cosa avesse in mente di combinare per il grande schermo), anziché in groppa a un cavallo se ne va in giro per la prateria dando di speroni a un mulo scalcagnato.
The Kid, comunque, una verità incontrovertibile ha il merito di ricordarla con apprezzabile efficacia: il vecchio west non è stato e non è neppure oggi, un paese per vecchi.
Guardabile, voto 6,3.
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