Regia di Giancarlo Fontana, Giuseppe G. Stasi vedi scheda film
Sequel del ben più riuscito e fortunato Benvenuto Presidente (2013), un milione e mezzo di euro di incasso contro gli otto milioni e mezzo del primo episodio. Nel suo voler divertire, Fabio Bonifacci (già sceneggiatore del primo episodio) realizza una satira non molto lontana dalla realtà. L'ex presidente della Repubblica, per un caso di omonomia, Giuseppe Garibaldi (il sempre simpatico Claudio Bisio) si ritrova ancora una volta buttato nella mischia nel ruolo di presidente del consiglio. Dovrebbe fare la marionetta, l'uomo di faccia in mano a dei politici da bar, ma finirà col metterci del suo in una semplicità squisitamente popolare non troppo presa a ben volere dai cittadini.
L'idea viene direttamente dalla realtà politica italiana. Gli sceneggiatori modellano un governo costruito su quello caratterizzato dall'unione tra Cinque Stelle e Lega e sulla necessità di trovare un trait d'union per creare le basi per avviare una nuova legislatura. Lo sceneggiatore gioca sul fatto, estremizzando e rendono caricaturali le figure di Di Maio e di Salvini (con tanto di felpe con le scritte in primo piano). Bravi al riguardo Paolo Calabresi (nei panni di Teodoro Guerriero, ovvero Salvini) e Guglielmo Poggi (è Danilo Stella, vale a dire Di Maio).
Ne esce fuori un grottesco molto divertente e, soprattutto, montato in modo serrato e girato con gusto. I giovani Fontana e Stasi dirigono davvero alla grande e rendono visivamente estremamente accattivante il prodotto. La sensazione è che si siano davvero divertiti nel realizzare il film. Il loro è un taglio da pellicola di genere, quasi un pulp, e la cosa rende non poco spassosa la visione. Una regia all'insegna della dinamicità, non poco per una commedia. Bella la sequenza con Bisio e Pietro Sermonti che si moltiplicano nell'ufficio mentre, con modi maccaronici, collaborano alla realizzazione della legge attraverso la quale cambiare l'Italia. Qualche sequenza in odore di demenzialità italiana (Bisio che si gettà giù dalla scala o Bisio che si finge omosessuale per salvare l'Italia in una sequenza che ricorda il Pozzetto di Ricchi, Ricchissimi... Praticamente in Mutande) non inficia il risultato finale.
Eccezionale per la portata humor l'epilogo, con le frecce tricolori tedesche che sfrecciano su una Roma veramente cambiata, dopo gli altrettanti carinissimi titoli di coda. Buona la confezione e le musiche. Due le candidature al Nastro d'Argento (miglior commedia e miglior attore in un film commedia), forse un po' poco per un film non apprezzato quanto avrebbe meritato.
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