Regia di Mark Robson vedi scheda film
Un malvivente decide di lanciare nel mondo della boxe un pugile sudamericano gigantesco ma fragile, per lucrare sulle scommesse intorno ai suoi incontri (truccati, è ovvio): a tale scopo assolda un giornalista sportivo in declino per fargli organizzare un adeguato battage pubblicitario. Dietro il personaggio dell’ingenuo Toro Moreno non è difficile intravedere Primo Carnera, il “gigante buono” della propaganda fascista, anche lui rimasto sconvolto dall’aver fatto una vittima (Ernie Schaaf) sul cammino verso il titolo mondiale; ed è curioso che fra gli interpreti ci sia Max Baer, che lo aveva detronizzato nel 1934. Sullo sfondo c’è un’attenzione (non banale, per l’epoca) ai danni psicofisici provocati dall’attività agonistica: il filmato con l’intervista al reduce suonato e ridotto in miseria equivale a un piccolo documentario. Bogart, all’ultima apparizione, rifà il suo consueto personaggio disilluso ma con un inossidabile senso della giustizia: il finale ricalca quello di L’ultima minaccia, con la sua fiducia (che forse oggi appare eccessiva) nel potere della stampa, e il titolo originale The harder they fall (“Più duramente cadono”) è appunto quello dell’articolo di denuncia che comincia a scrivere nell’ultima scena.
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