Regia di Nadav Lapid vedi scheda film
In tutto e dico in tutto, questo film è un'opera d'arte perchè per me un’opera d’arte è buona se nasce da necessità.
Il dramma della rivoluzione
In tutto e dico in tutto, questo film è un'opera d'arte perchè per me un’opera d’arte è buona se nasce da necessità.
Una regia sorprendente, con tagli di visione indubbiamente artistici si annegano in scelte musicali assassine che cristallizzano la devastazione di un'anima arrivata da Israele a Parigi dimenticando la lingua Hebrew, scordando tutto il passato, allontanando familiari e amici. Tabula rasa.
Un inquadratura dal basso dell'angolo destro del fanale di un audi nera, riprende i personaggi amici. La danza sfrenata della magica Pump up the jam dei Technotronic dallo strano protagonista col suo elegantissimo cappotto saffron tone di cui si sbarazza spesso per evidenziare glutei indomabili, pene sempre eretto e torso estratto dal museo Rodin nell'hotel Biron a Fauborg St-Germain, scuote una telecamera fino alla morte di suoni e colori omogenizzati, frullati come le fragole in un frappè estivo. E così rimane lo spettatore: frastornato da tante idee, colori, sensazioni.
La pellicola è come un quadro di arte contemporanea: incomprensibile ai più, ma per gli altri pochi, un capolavoro. Se fosse un dipinto sarebbe di sicuro un Rothko.
In tutto e dico in tutto, questo film è un'opera d'arte; lo è nelle musiche con una colonna sonora amaranto come il cappotto, di grandissimo gusto e raffinatezza, che va dal Concerto in C maggiore per oboe italiano a Sympathique di Pink Martini o Here come the girls o Angelorum di Casey MQ, il concerto in E minore per violino Op. 64, o il cello concert in E minor, OP 85.
Lo è nelle parole, la lettterarietà e poesia di chi cerca pseudonimi diversi dal dolore delle parole della sua lingua.
Lo è negli esempi visivi d'arte, nelle inquadrature, negli ambienti eleganti, nel volti, nella fotografia e negli scorci paesaggistici e cittadini della Parigi rive gauche.
Inoltre lo è nella tematica profonda e calda: quella che separa le vite di Oriente e Occidente. Di coloro che hanno vite segnate da missili e coloro che le hanno invece segnate da righe di cocaina. Da coloro che sono prigionieri di guerre, bombe a mano, granate sotterranee, borders militari e coloro che invece hanno il dramma mattuttino di che abito scegliere di indossare, coloro il cui vuoto cosmico interiore ed intellettuale è riempito da insipidi programmi televisivi e dalla troppa ricchezza che svuota i neuroni e li priva di sinapsi.
Un occidente marcito. Un oriente in decomposizione a causa del marcio occidente. Di questo narra Synonymes, cercare un'alternativa, un sinonimo appunto - al dolore.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta