Regia di Juliano Dornelles, Kleber Mendonça Filho vedi scheda film
Bacurau sta smettendo di esistere, nella mappa non c'è più, il segnale del telefono è andato perduto e l'acqua scarseggia con l'avanzare di un'afa arida inarrestabile. Bacurau è un paesino fantasma nel Brasile del Centro-Nord, nella Sierra Verde, costituito da una sola strada e da una popolazione minima, parecchio diversificata ma molto unita. Umile e semplice ma quando vuole agguerrita e capace di difendere la propria terra, proteggere i propri cari e dire di cosa ha bisogno senza mezzi termini. E' un luogo accogliente e ostile allo stesso tempo, ricco proprio perché pregno di ambiguità, di contraddizioni, di sentimenti puri ma anche di ubriacature moleste, di personaggi sgradevoli, di attrazioni irresistibili e di politici corrotti e bugiardi. A parte la sparizione, si direbbe un paese come gli altri, in realtà, con le sue, poi, specifiche peculiarità. Ma strani eventi cominciano a verificarsi a ritmo sempre più elevato e sanguinolento, finché sembrerebbe che una minaccia invisibile abbia assediato l'intera comunità: di cosa si tratta?
E' difficile raccontare Bacurau senza decadere nell'anticipazione più esplicita della trama, poiché il film è un rotolo che va liberandosi con il proseguire del minutaggio, in un effetto domino inarrestabile di vie, percorsi rilanciati e MacGuffin incatenati; vedere Bacurau è un continuo districarsi tra deviazioni, interruzioni, lampi, sorprese e attese, di certo conscie della lezione hitchcockiana ma anche dei rigori del western sia nord-americano che messicano. Il cuore pulsante sud-americano sta invece nello slancio politico resistente caldo e pulsante, orgoglioso certo ma cinico quando opportuno, mai idealizzato e sempre ben calato nelle verità storiche dei drammi della colonizzazione occidentale, che fa scomparire culture, realtà locali e soprattutto tradizioni popolari, imbrattandole di sperma, sangue e polvere da sparo. Bacurau è anche in questo senso un rincorrersi di alterità, di alienazioni, di diversi che impattano e cercano di tradursi senza successo; un esplodere graduale e molesto di percezioni falsate e rimodellate, fra western e dramma, fra guerra e videogame; un reale scoppiettante gioco al massacro in cui due fazioni si scontrano e il mistero rimbalza da una parte all'altra, dai presunti buoni agli assurdamente cattivi. Con il pensiero dello spettatore che nel frattempo vaga fra Yojimbo di Kurosawa, Sergio Leone, Went the Day Well? di Alberto Cavalcanti e El Topo di Jodorowsky.
Di certo, la prima sorpresa del 72esimo Festival di Cannes.
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