Regia di Ira Sachs vedi scheda film
Ira Sachs, reduce dell'ultimo insulso Little Men, procede un po' su quella direzione con Frankie, piccolo film drammatico che in realtà si atteggia da film piccolo ma porta con sé un cast d'eccezione fra cui Isabelle Huppert, Greg Kinnear, Marisa Tomei, Jeremie Rénier, e uno sprecatissimo Pascal Greggory, tutti nelle campagne portoghesi nelle vicinanze di Sintra. Il film guarda un po' a Woody Allen (la camera ferma a guardare dialogare i personaggi annullando i campi/controcampi) un po' a Eric Rohmer (movimenti di camera essenziali, a seguire i movimenti dei personaggi), evitando commenti musicali se non nell'ultima parte di film. Ma ovviamente esce sconfitto da tutti i possibili confronti: la freddezza della cinepresa sembra solo un modo per ribadire che è originale vedere tutti questi attori, ormai prestati alla macchina cinematografica statunitense, dentro un contesto che a loro non appartiene. Da qui, si presumerebbe, lo straniamento, la storia prosciugata degli orpelli, l'essenzialità. Ma è tutto un atteggiamento, tutto un porsi gratuito che fa il paio con la manie del cinema indie americano, e di cui è davvero difficile parlare diffusamente in quanto maschera di un nulla assoluto. Certo, un nulla innocuo, ma sarebbe sempre meglio potersi arrabbiare con un film, piuttosto che finirlo con la strana sensazione di non avere mai neanche iniziato a vederlo. Specie se è condito da un pizzico di pretese visive insulse, dagli ovvi rifacimenti degli autori già nominati fino al finale stupidino che aspira davvero alla commozione, o alla riflessione, ma che continua in realtà a non dire e a non fare nulla esattamente come tutto il resto del film.
Ben vengano i film gratuiti, insulsi, che non vogliono dire niente. Ma rimane importante doverli fare bene, con coerenza e con ritmo.
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