Regia di Rodrigo Sorogoyen vedi scheda film
Una donna ricompone il suo quadro esistenziale dopo l'incontro con un adolescente che le ricorda il figlio di sei anni scomparso dieci anni prima da una spiaggia francese.
Madre (2019), diretto dallo spagnolo Rodrigo Sorogoyen, è il sequel del cortometraggio omonimo del 2017 candidato agli Oscar. Nel lungometraggio l’autore ha inserito il suo precedente corto come prologo, un piano-sequenza di circa 15 minuti dove si coglie tutta la concitazione e l’angoscia di una madre, Elena (Marta Nieto), quando il figlio Iván di 6 anni, partito in vacanza con il padre separato, le comunica preoccupato al telefono che è stato lasciato solo in una spiaggia deserta della costa atlantica francese, vicino al confine spagnolo. Con l’aiuto della propria madre, la donna cerca di rassicurarlo e chiama la polizia che però non è di nessun aiuto. E intanto la batteria del cellulare del bambino si sta scaricando. Il figlio impaurito le dice che un uomo si sta avvicinando verso di lui invitandolo ad andargli incontro, la madre gli ingiunge di scappare e nascondersi. Poi la telefonata si interrompe. Dopo uno stacco temporale di 10 anni rivediamo Elena dirigere un ristorante sulla spiaggia in una cittadina francese sul mare dove si è trasferita dalla Spagna, presumibilmente la stessa spiaggia teatro della scomparsa del figlio. La osserviamo percorrerla spesso da sola, con aria pensierosa, scrutando i volti dei giovani turisti. Qui incontra e inizia a frequentare Jean (Jules Porier), un surfista adolescente in villeggiatura con la famiglia parigina, della stessa età che avrebbe il suo bambino mai ritrovato e a lui somigliante. Il rapporto sempre più intenso, quasi ossessivo, con Jean mette in crisi la relazione già problematica col suo nuovo compagno e suscita l’opposizione della famiglia del ragazzo, mentre un breve abboccamento con l’ex marito riacutizza in Elena rancore, rabbia e afflizione. Cosa rappresenta per lei Jean? La remota ma sempre viva speranza di avere finalmente rintracciato il figlio perduto che non ha mai smesso di cercare? O una controfigura, un suo simulacro, a cui ha trasferito più o meno consapevolmente il suo amore materno appena venato di un filo di attrazione erotica? E cos’è lei per Jean? Un gioco amoroso con una donna-madre tenera e sensuale che lusinga il suo ego di sedicenne? La risposta a necessità insoddisfatte di gratificazione affettiva? Perché si cercano, si accarezzano con gli sguardi, si toccano e poi si ritraggono come le onde e la spiaggia? Il film si gioca tutto su queste ambiguità tenendo sospeso lo spettatore fino alla fine grazie anche alla grande interpretazione della Nieto, che tratteggia lo splendido ritratto di una donna alle prese con una difficile ricostruzione interiore, e all’ottima prova del giovanissimo attore francese. Un film immersivo di rara sensibilità e acutezza psicologica sulla maternità e l’elaborazione del dolore di una grande perdita che non si può mancare.
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