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L'uomo della pioggia

Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film

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La recensione su L'uomo della pioggia

di degoffro
8 stelle

Dopo il toccante ma incompreso “Jack” Francis Ford Coppola va sul sicuro e gioca la carta Grisham, a metà anni novanta garanzia quasi sicura di successo (c’era stato solo il flop de “L’ultimo appello”). “L’uomo della pioggia” però è ben lontano dall’essere un banale e monocorde film su commissione. Ancora una volta protagonista è un giovane avvocato idealista, come nei precedenti “Il socio” e “L’ultimo appello”, alle prese questa volta con una grossa compagnia di assicurazioni che fa soldi a palate sulle spalle della povera gente. E’ proprio su di loro che si concentra l’attenzione umana di Coppola, abile nel costruire un dramma giudiziario appassionante, asciutto, mai retorico o convenzionale, nonostante l’insidioso tema si prestasse facilmente, non privo di una gustosa ironia (il personaggio di De Vito, bocciato sei volte all’esame di ammissione e sempre in cerca di clienti o il simpatico episodio di finta corruzione della giuria, quasi un’anticipazione comica del film “La giuria”) e supportato da un cast delle grandi occasioni. Se il giovane Matt Damon, sul punto di diventare una star (“Will Hunting” è dello stesso anno) è perfetto nei panni del legale alle prime armi, onesto e ingenuo, anche impacciato, Danny De Vito, Mickey Rourke, Danny Glover, Jon Voight, Teresa Wright, Dean Stockwell, Virginia Madsen, Mary Kay Place e Roy Scheider lo affiancano con impagabile e sopraffino mestiere, spesso in piccoli ma incisivi camei di lusso. Forse la vicenda sentimentale che coinvolge il personaggio di Claire Danes, mogliettina maltrattata dal marito violento, non è essenziale ai fini del racconto e appesantisce, nella parte centrale, il film, ma nel complesso “L’uomo della pioggia” (espressione che si riferisce all’avvocato che riesce a portare più profitti allo studio) funziona egregiamente ed ha pure il coraggio di evitare il classico lieto fine telefonato. L’avvocatino Matt Damon batte in aula il colosso delle assicurazioni ma la vittoria sarà molto amara. L’esperienza però servirà ad aprirgli gli occhi su quello che non vuole diventare, ben sintetizzato nelle parole con cui chiude il film: “Ogni avvocato almeno una volta in ogni causa sente di superare una linea che non vuole veramente superare. Capita. Se lo fai parecchie volte la linea sparisce per sempre. E poi sei solo un’altra barzelletta sugli avvocati. Un altro pescecane nell’acqua sporca.” Del resto il protagonista che, all’inizio del film, aveva confessato l’odio del padre per gli avvocati, già in precedenza aveva anche chiarito la cinica natura della sua professione: “Il primo anno di giurisprudenza tutti ci volevamo bene perché studiavamo legge che è una cosa nobile. Il terzo anno eri fortunato se non venivi ucciso nel sonno. Gli studenti compravano esami e mentivano ai professori.” Logica conseguenza di tutto ciò la barzelletta che lo stesso protagonista racconta: “Che differenza c’è tra una prostituta e un avvocato? Quando sei morto la prostituta smette di fotterti!” Ho studiato giurisprudenza: per fortuna non sono diventato avvocato.

Voto: 7

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