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Una domenica in campagna

Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film

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La recensione su Una domenica in campagna

di Peppe Comune
8 stelle

Francia,1921. Monsieur Ladmiral (Louis Ducreux) è un anziano pittore che in vita ha conosciuto un discreto successo. E’ vedovo e vive nella sua grande casa di campagna in compagnia di Mercédès (Monique Chaumette), la fidata domestica. Vive aspettando la visita dei propri figli. Quella di Gonzague (Micheal Aumont) è più regolare, quasi tutte le domeniche va a trovarlo, in compagnia della moglie Marie Thérèse (Geneviéve Mnich) e dei loro tre bambini (due maschi e una femminuccia). Le visite di Irène (Sabine Azéma), invece, sono molto più incerte e quando è presente riempie gli spazi con la sua contagiosa esuberanza. In una bella domenica di fine estate, Irene si unisce al resto della famiglia solo dopo pranzo, arriva a bordo di un auto scoppiettaante e con un misterioso amore segregato nel cuore.

 

Louis Ducreux, Sabine Azéma

Una domenica in campagna (1984): Louis Ducreux, Sabine Azéma

 

“Una domenica in campagna” di Bernard Tavernier è un film che brilla per la soave leggerezza narrativa, tanto è lieve l’impronta letteraria che lo permea nel profondo e tanto è appropriato il modo in cui vengono caratterizzate delle personalità tutt’altro che semplici. Il resto lo fa una regia mai invasiva, che rimanendo semplicemente legata al lento scorrere di una giornata, disvela a poco a poco i sussulti del cuore dei protagonisti. La presenza di Tavernier è quanto di più discreto possa chiedersi ad un autore, si aggira sorniona tra i dedali di sentimenti solo accennati, tra sorrisi che squarciano il viso e vampate di malinconia, tra allegria dispensata a gratis e collera taciuta, sentimenti che ci vengono restituiti in tutto il loro candore anticonvenzionale, con una grande naturalezza nell’aderire al canonico scorrere di una giornata. Infatti, è proprio la semplicità con cui si riesce a dare un peso specifico ad ogni piccolo gesto a fare di questo film un amabile scandaglio dell’animo. Solo una voce off interviene di tanto in tanto a interrompere la quiete liturgia del reale, per fornirci qualche utile notizia sul passato dei protagonisti e per suggerire l’indispensabile presenza del non detto. Il cuore dell’intero film è naturalmente Monsieur Ladmiral, così come la linfa vitale che scorre sotto l’epidermide della storia è il rapporto diverso che ha con i propri figli : più “ritualizzato” perché più stabile e monotono quello con il figlio, più morboso perché più sfuggente e aperto a scatti di aperta gelosia quello con la figlia. Questa situazione riflette in pieno gli stati dell’animo del vecchio, i pensieri sulla sua vita, le cose che è riuscito a realizzare e quelle che sono rimaste inevase, il suo essere artista, padre e, ora, un anziano signore in attesa di bilanci. In loro vede proiettarsi come in uno schermo tutta la sua esistenza, tanto il lato pubblico di una vita condotta in maniera tranquilla e soddisfacente, quanto le zone d’ombra rappresentate da qualche rimpianto rimasto nel cassetto. E’ questa dualità riposta in fondo al cuore ad orientare il rapporto del vecchio con Irène nel senso di un’accondiscendenza complice e muta insieme riguardo le sue continue stravaganze, una cosa che arriva a trasformarsi in aperto disagio per Gonzague il quale avverte chiara la sensazione che mai riuscirà a pareggiare l’amore che il padre prova per la sorella (sentendosi “come un innamorato respinto”). Monsieur Ladmiral sa che il figlio ci sarà sempre, che verrà puntualmente a trovarlo insieme alla sua famiglia. Gonzague è il tipico borghese che vive di abitudini consolidate (si era sposato “per la semplice ragione che tutti si sposano, così come tutti nascono e muoiono”) e niente o nessuno lo scosterà di molto la regolare ritualità con cui ha inteso organizzare la propria vita. Irène, invece, è molto più stravagante ed irregolare, più aperta ad assaporare i sapori incerti offerti dalla vita e più vulnerabile circa le spiacevoli sorprese che essa può riservare. Per certi aspetti, Irène rappresenta ciò che il vecchio avrebbe voluto essere e non è stato, soprattutto in campo artistico, più spirito libero e meno rispettoso delle regole date, più incline a seguire il suo fuoco interiore che a dare semplicemente una forma pittorica al mondo che lo circonda. Monsieur ladmiral non è il tipo d’uomo che vive di rimpianti, tutt’altro, e pienamente soddisfatto della sua vita (perché “aveva visto, compreso, amato ciò che desiderava”), ma non può fare a meno di vedere nella figlia quella parte non pienamente soddisfatta della propria personalità. Insomma, Gozague ed Irène rappresentano il contraltare emotivo di Monsieur Ladmiral e come tutti i vecchi che iniziano a fare dei seri bilanci sul corso della propria vita, è seriamente spaventato dalla loro assenza. Ma se sa che quella di Gonzague non durerà mai per molto tempo e che le sue visite appartengono alla precettistica del suo essere un borghese gentiluomo, Monsieur Ladmiral non può non rattristarsi ogniqualvolta Irène lo lascerà per fare ritorno a Parigi, perché davvero non sa quando ritornerà un'altra volta. Un grande film per grandi interpreti, pregno di una prodigiosa sobrietà stilistica 

 

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