Regia di Enrico Maria Salerno vedi scheda film
Una coppia separata si incontra in una Venezia livida e umida, mentre iniziano ad affiorare, prepotenti, i ricordi.
Lo ho sentito spesso definire lo scopiazzatura italiana di “Love story”, un film che mi ha fatto pena quando l'ho vidi (nel senso della qualità, non della vicenda narrata). Ma non posso essere d'accordo: questo “Anonimo veneziano” non sarà un capolavoro, ma è una pellicola di tutto rispetto. Ci sono dei personaggi, la loro interiorità, c'è una regia degna di questo nome e un'ambientazione ben utilizzata e consona alla vicenda. I dialoghi non sono banali o strappalacrime, ma anzi fanno emergere a poco a poco i rancori repressi, la frustrazione delle speranze, e in generale i tratti di un amore naufragato e affondato, come i relitti di imbarcazioni che costellano la laguna. Da qui, si può dire che Venezia viene presentata in modo tutt'altro che cartolinesco e turistico, ma anzi viene sfruttata in senso rosselliniano; si ricordi a questo proposito “Viaggio in Italia”.
Salerno, inoltre, ha delle idee di regia niente male: come la rotazione della cinepresa a 360gradi mentre gli attori cambiano d'abito e di posizione, in una specie di rapido viaggio nel tempo. Ma anche gli scorci tra le calli, i canali e i ponti non sono male.
Quanto agli attori, la Bolkan è decente ma forse un po' legnosa. Musante, però, arruffato, sempre altalenante tra il ruvido e il dolce, l'ho trovato bravo e in parte. I doppiatori fanno, dal canto loro, un egregio lavoro, che mette in ombra molti loro colleghi contemporanei.
La commozione a comando e la melassa vengono, secondo me, sempre evitate.
P.S.
Fa venire in mente la bellissima canzone “Com'è triste Venezia” di Aznavour.
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