Regia di Vincenzo Alfieri vedi scheda film
Stanco di tutto – la routine, il lavoro, gli affetti – un autista di portavalori decide di mettere in piedi il colpo che gli permetterà di arricchirsi e far sparire le sue tracce; trova la complicità di alcuni colleghi e conoscenti, ma non tutto andrà come da copione.
Cento minuti a medio-alta tensione con un ritmo efficace e un preponderante ruolo per le musiche extradiegetiche; una vicenda mozzafiato, al limite del credibile, tratta da una storia vera; un bel gruppetto di interpreti dotati e affiatati: queste sono le premesse de Gli uomini d’oro. Opera seconda, a due anni di distanza da I peggiori (2017), per il regista Vincenzo Alfieri, il film risulta effettivamente compiuto dal punto di vista estetico, forse un po’ troppo virato allo spettacolare (con alcune sequenze in odore di videoclip), ma comunque ben diretto, recitato, messo in scena e montato; si tratta della trasposizione romanzata sullo schermo dello stesso fatto di cronaca che già aveva ispirato Gianluca Maria Tavarelli per il suo Qui non è il paradiso (2000): la rapina a un portavalori da parte di un conducente e di alcuni suoi colleghi e conoscenti, avvenuta a Torino qualche anno prima. La sceneggiatura firmata dal regista, da Alessandro Aronadio, da Renato Sannio (tris di autori anche del soggetto) e da Giuseppe Stasi tiene saldamente il piede sull’acceleratore e inserisce qua e là le dovute manciate di pathos, sesso, violenza; nel cast si ritrovano elementi di spicco quali Fabio De Luigi, Edoardo Leo, Gianmarco Tognazzi, Giampaolo Morelli, Matilde Gioli, Giuseppe Ragone e Mariela Garriga. In certi momenti – forse per una certa voglia di dimostrare da parte del giovane autore, forse per l’impasto di fondo da ‘cinema di genere’ old style – sembra esserci un po’ troppo di tutto, ma d’altronde lo ricorda già la didascalia in apertura (e lo conferma quella in chiusura): la pellicola è ispirata a un fatto reale – incredibile, ma reale. 4,5/10.
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