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Gli uomini d'oro

Regia di Vincenzo Alfieri vedi scheda film

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Andreotti_Ciro

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La recensione su Gli uomini d'oro

di Andreotti_Ciro
7 stelle

Luigi, impiegato postale originario di Napoli e trapiantato a Torino, appassionato di donne e della bella vita, è a un passo dalla tanto agognata pensione anticipata che gli consentirà di recarsi a vivere definitivamente in Costa Rica. Quando la riforma Dini vanificherà i suoi sogni, Luigi inizierà a progettare un colpo al furgone porta valori che guida abitualmente. Per portare a termine il suo piano Luigi domanda aiuto al suo amico Luciano, ex postino in pensione. Ad Alvise, un collega con famiglia a carico, e a Lupo, ex pugile che lavora come esattore per il sarto d’alta moda Boutique, stilista di giorno e usuraio di notte.

 

Da un fatto di cronaca degno di un thriller di Jeffery Deaver, ma realmente accaduto a metà dei ’90 nella italianissima Torino, Vincenzo Alfieri, idolo delle web series, attore, regista e sceneggiatore tutto fare del mondo della celluloide, ricava una perla di rara brillantezza offrendo al pubblico un manipolo di attori solitamente comici prestati per quest’ occasione al mondo del thriller. Riuscendo a colpire con efficacia il bersaglio della tensione palpabile sin dalle prime battute e fino ad ottenere una meritata candidatura al premio Caligari del Festival di Berlino 2019. Confezionando una storia suddivisa in tre capitoli, esattamente come i tre protagonisti della narrazione, che s’intersecano fra loro come già avevano saputo fare John Houston e Stanley Kubrick nei loro Giungla d’asfalto e Rapina a mano armata, capostipiti degli heist movie costruiti seguendo il processo dell’analessi che obbliga il pubblico a ricavarne un quadro d’insieme solo a visione ultimata.

Tutti si muovono in una Torino plumbea seguendo un copione fatto di progettazione del colpo intercalata a tensioni personali e progetti che verranno realizzati, forse e solamente a rapina ultimata. Fra i protagonisti si staglia con decisione un Fabio De Luigi che abbandona ancora di più degli altri la sua maschera da buontempone indossando i panni di un impiegato delle poste con famiglia a carico e altrettanto carico di tensione a causa di una precaria condizione di salute. Una pellicola che non scorre veloce a causa dei continuo riavvolgersi della trama ma che inchioda alla poltrona lo spettatore fino alle ultime curve di un colpo del quale non ci si dimentica tanto facilmente. Se vi è piaciuto vi consigliamo anche la visione di Qui non è il paradiso, firmato ad inizio anni 2000 da Gianluca Tavarelli e basato sui medesimi fatti di cronaca rigorosamente nera.

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