Regia di Vincenzo Alfieri vedi scheda film
Luigi, Alvise e Il Lupo.
Raccontata sotto forma di tre episodi interconnessi ed incentrati ognuno su un protagonista, l'opera seconda di Giuseppe Alfieri si trasforma in un teso ed insolito (nel panorama delle produzioni nostrane con un cast di pur validi e noti attori da commedia) polar ambientato in una fosca e grigia Torino del 1996.
Un giallo che sa risultare teso e serio quasi quanto un film di Olivier Marchal. La vicenda è una: un impiegato delle poste addetto al trasporto valori, stressato per non essere riuscito ad accedere al prepensionamento a quarant'anni come molti suoi colleghi, medita un piano per la rapina perfetta, senza armi né minacce né sangue: solo tattica e furbizia.
Lo aiuta dapprima un giovane collega pensionato più fortunato di lui; ma è Alvise, il suo funereo e granitico collega ossessionato dalla povertà e proteso a spendersi in più lavori per mantenere il decoro familiare, anche a costo di pregiudicare le sue gia critiche condizioni di salute, che farà scattare la molla per passare ai fatti.
Come in ogni classico che ha preceduto questo film, i problemi non preventivati finiscono per compromettere più volte la misdione, mentre le donne finiranno per pregiudicarne definitivamente il completo buon esito.
Ben scritto, teso, interprerato da un trio di nomi noti molto in parte, tra cui spicca, oltre ai validi Morelli e Leo, un insolitamente torvo ed iracondo Fabio De Luigi, Gli uomini d'oro ambisce a staccarsi dal filone della solita commedia e ci riesce, compromesso solo a tratti da qualche passaggio che l'incastro dei punti di vista scandito per singolo protagonista, a volte rende poco fluido il raccordo.
Ma il film funziona e merita una menzione per il coraggio di uscire dai soliti, noiosi ed abusati cliché, anche grazie ad una mericolosa ricostruzione d'ambiente e ad una galvanizzante musica tecno-dance di quegli anni, davvero coinvolgente.
In un ruolo di contorno, ma chiave della vicenda, Gianmarco Tognazzi si fa ricordare per la repulsione che riesce ad infondere al suo bieco personaggio di sarto-strozzino.
Matilde Gioli è luminosa e bellissima pur se coinvolta in un ruolo da poche pose, mentre dirompente è l'appeal che promana dal fisico statuario della donna del Lupo, resa alla perfezione da una incandescente Mariela Garriga.
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