Regia di Vittorio De Sisti vedi scheda film
Raffazzonato per uscire in tempo, in concomitanza con i Campionati Mondiali di calcio del 1990 (il famigerato Italia '90, per il quale furono scialate centinaia di miliardi di lire), Il colore della vittoria è un originale televisivo in due puntate, poco o niente riuscito. Dispiace dirlo, soprattutto per qualche bel nome coinvolto nell'operazione, come i bravi Adalberto Maria Merli (Vittorio Pozzo) e Massimo Bonetti (Luigi Allemandi), ma la pochezza dello spettacolo è quasi disarmante, a cominciare da un ragazzino poco simpatico che dovrebbe fungere da narratore e da anello di raccordo per qualche episodio di scarsissima rilevanza (fa conoscere Felice Borel e la figlia di un Senatore del Regno). Il soggetto del giornalista sportivo Lino Cascioli si dimostra poco adatto alla messinscena cinetelevisiva e, di certo, non depone a favore dell'intera operazione la "consulenza tecnica" di Aldo Biscardi. La ricostruzione storica non è di quelle che si ricordano, mentre è meglio stendere un velo pietoso su quella prettamente sportiva. Tutti i personaggi si esprimono per slogan, alcuni dei quali nati soltanto anni dopo: Nereo Rocco, giovane calciatore scartato da Pozzo per l'avventura mondiale del 1934 propugna già l'idea del "primo non prendere gol" e, quando un suo compagno esclama "vinca il migliore!" risponde prontamente "Speremo de no! Speremo di vincere noi!"; il mitico portierone spagnolo Zamora, proclama addirittura, prima dell'incontro con l'Italia, lo slogan "no pasarán", che prenderà piede durante la guerra civile. Sul calcio, è stato fatto di meglio, anche in Italia.
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