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L'ultima notte

Regia di Francesco Barozzi vedi scheda film

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La recensione su L'ultima notte

di GIANNISV66
6 stelle

Da un allucinante fatto di cronaca di pochi anni fa il regista trae il pretesto per narrare una storia di degrado morale, strizzando l'occhio al gotico padano di Pupi Avati. Un film con diversi limiti ma non privo di elementi interessanti

Bea, rimasta senza lavoro e senza casa, decide di abbandonare la compagna, Susanna, e di tornare nella famiglia di origine abbandonata molti anni prima, sperando di poter affrontare e risolvere alcuni nodi irrisolti del suo passato.

Purtroppo la situazione che si troverà di fronte sarà peggio di quanto forse la stessa aveva previsto, finendo per confrontarsi con un contesto di totale degrado ed abiezione. I suoi tentativi di convincere i suoi fratelli Franco ed Emi a cambiare il proprio modo di vivere saranno destinati a cadere nel vuoto e, soprattutto, la porteranno a scontrarsi col fratello fino a una drammatica resa dei conti.

 

Ispirato a un fatto di cronaca realmente accaduto pochi anni fa, L'Ultima Notte diretto da Francesco Barozzi si rivela un film interessante anche se con alcuni difetti che ne limitano la qualità complessiva. Il regista decide di narrare una vicenda da cui era stato molto colpito (come rivela lo stesso in una intervista) utilizzando non la tecnica del documentario ma lavorando con la propria creatività, e avvalendosi degli accadimenti reali come base da cui partire per raccontare una storia di abusi familiari, disagio sociale e degrado morale,

E' chiara la scelta del regista di calcare la mano sugli elementi gotici, giocando sui toni scuri e cercando di creare un senso di disagio nello spettatore, introducendolo in un contesto angoscioso ed inquietante, per fargli cogliere in pieno il senso della pellicola.

Lo fa a partire dalla natura, rappresentata in maniera minacciosa: gli alberi scuri incombono sullo sfondo di un cielo livido, ed ogni elemento rappresentato (anche il più innocente, come i fili d'era in un prato) diventa veicolo di sensazioni di inquietudine.

L'abilità del regista sta soprattutto nel raccogliere elementi di un quotidiano piuttosto ordinario (e che contraddistinguono qualunque fattoria) per proporli sotto una luce “cattiva” finendo per farne lo sfondo di una squallida vicenda di desolazione umana (e fatti come quelli narrati purtroppo appartengono a una cronaca neanche tanto rara) e immergendo il pubblico in una atmosfera da film horror. Cosa che questa pellicola non è, e soprattutto cosa che ha ingenerato qualche equivoco negli spettatori, che si sono avvicinati pensando (erroneamente) di trovarsi di fronte a un lavoro nel solco della tradizione del “gotico padano” che vede in Pupi Avati il suo maestro nonché massimo esponente.

E' anche vero però che Barozzi un occhio al lavoro di Avati lo ha sicuramente rivolto: la parte conclusiva del film appare veramente come un omaggio alle scene finali del capolavoro del regista bolognese La Casa dalle finestre che ridono.

 

Quello che appare un elemento positivo nel lavoro del regista è il suo rifiuto di voler delineare un confine netto tra buoni e cattivi: non esistono buoni e cattivi, laddove Franco (il bravo Giuseppe Sepe) vera anima nera della vicenda appare come la povera vittima di un padre degenerato mentre Bea (l'altrettanto brava Beatrice Schiros) che sembra proporsi come unico baluardo contro le aberrazioni del fratello rivela invece la sua pochezza morale proprio nel suo passato che l'aveva vista abbandonare la casa paterna lasciando i fratelli più giovani ed indifesi al loro misero destino.

In conclusione una pellicola tutt'altro che perfetta (in particolare il lavoro sul sonoro lascia parecchio a desiderare, e purtroppo anche la caratterizzazione dei personaggi secondari che appare fatta in maniera veramente superficiale, forse anche per la scarsa qualità recitativa dei comprimari) e purtuttavia con note interessanti che ci fanno sperare in un prossimo lavoro di Barozzi, magari incentrato veramente su un “gotico padano”.

Sufficienza di stima e di incoraggiamento.

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