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Piccole donne

Regia di Greta Gerwig vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Piccole donne

di SamHookey
7 stelle

Greta e le altre: le piccole grandi donne del movimento Me Too

 

 

Sono bellissime queste piccole donne della Gerwig: bionde, brave e attive nel movimento Me Too. Come la regista stessa. Ed è quello che ci vuole oggi, per il pubblico maschile e femminile. Il messaggio è chiaro: siamo qui, lottiamo e soprattutto lavoriamo. Il lavoro è fondamentale e al centro del film, più che l’amore (che pure c’è, altrimenti che “Piccole donne” sarebbe?). Jo ama i libri (ognuna delle quattro sorelle è più o meno abile in un’arte: oltre alla scrittura, abbiamo la pittura, il teatro e la musica) e vende i suoi manoscritti non per la gloria (che pure verrà) ma per guadagnarci qualcosa. Ovviamente, in quanto donna, all’inizio pubblica in modo anonimo, anche se l’editore non sarebbe restio a rendere noto il suo nome (è un mondo al maschile, ma molto girl-friendly). La Gerwig mostra un microcosmo femminile dolce (ma non zuccheroso: quasi un miracolo, visto il soggetto) e sgangherato, dove le sorelle Murch sono dotate di intelligenza spiccata, buon cuore (dopotutto il padre è un pastore protestante) e quel pizzico di giusta follia che ce le rende simpatiche (più o meno tutte: la Watson è a tratti insopportabile e pare uscita da “La bella e la bestia”, con tanto di balletto e abito svolazzante). Simpaticissima è Jo, vera protagonista dell’opera e alter ego sia della scrittrice (Louisa May Alcott) che della regista. Regista che decide di raccontare la storia in flashback (colori caldi al passato, colori freddi al presente) e che, proprio attraverso la sua eroina, dichiara apertamente di aver voluto realizzare un film romantico a lieto fine (dopo lo splendido finale spezzato di “Lady Bird”) per essere più commerciale (il lavoro prima di tutto!), proprio per piacere a quelle ingenue eterne piccole donne (e a quegli ingenui eterni piccoli uomini), che da un film cosiddetto ‘al femminile’ (termine maschilista, che confidiamo si estingua presto) si aspettano determinate, pregiudizievoli cose: al termine del racconto, il matrimonio della protagonista potrebbe anche non esserci (non è affatto importante ai fini della piena realizzazione di Jo) ma viene inserito, perché i gusti del pubblico vanno cinicamente assecondati per vendere, i soldi contano e servono ad emanciparsi. È questo il messaggio. È un film sull’arte, sulla creatività, sullo scendere a compromessi pur di trovare visibilità in un mondo guidato inspiegabilmente da uomini deboli e indolenti. Il film della Gerwig s’inserisce nell’ormai considerevole novero di pellicole che si stanno riappropriando finalmente delle donne, con l’intenzione di offrirne un racconto meno stereotipato e più vero. I limiti (evidenti) della trama sono qui riscattati dalla bravura delle attrici, impeccabili (ci si dimentica quasi che ci sia anche Belle/Emma Watson), seppur nessuna interpretazione sia purtroppo davvero memorabile. Ma questo può essere un incentivo a riscoprirle in ruoli più incisivi: Saoirse Ronan in “Lady Bird” (punk) e in “Maria regina di Scozia” (classica), Emma Watson in “Regression” (regrediamo ai tempi post-Hermione e pre-Belle), Florence Pugh in “Lady Macbeth” (splendida e glaciale), Eliza Scanlen in “Babyteeth” (Eliza ormai come Sean Bean). Laura Dern e Meryl Streep di mestiere, come sempre (ma in parti che nessuno ricorderà mai e ogni volta che le vedremo nel film diremo: ‘Ah, c’era anche Laura Dern!’, ‘Ah, c’era anche Meryl Streep!’). Insomma, un’opera ben fatta ma programmatica, che esce nel periodo giusto per vincere gli Oscar, quando il cinema si sta liberando (talvolta troppo sbrigativamente e ipocritamente) dei vari Weinstein. Giusto così. Ma parlando di Oscar, avrei preferito che il femminile al cinema fosse rappresentato da “Ritratto della giovane in fiamme”. Lì siamo infatti ad altri livelli.

 

Saoirse Ronan

Piccole donne (2019): Saoirse Ronan

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