Il disastro navale più famoso della storia nel film più costoso della storia del cinema.
Rivisto a mente fredda, posatosi il clamore dei cinema dell'epoca e le grida delle ragazzine davanti a di Caprio, lo si può forse giudicare meglio. Ebbene, dal lato spettacolare è sicuramente un ottimo film. Le scene d'azione sono ben girate, la tensione dell'ultima parte pulsa forte, la ricostruzione d'ambiente è accurata e le immagini del disastro sono davvero impressionanti, il ritmo ha l'andamento giusto. Non si può neppure parlare di effetti speciali, perché tutto è vero, o come vero, comprese le dimensioni. Posso anche aggiungere che le scene del Titanic che cola a picco mi hanno impressionato, e mi sono un po' immedesimato in quell'immane tragedia. Come anche il film mette in evidenza, fu l'umiliazione dell'orgoglio e della presunta onnipotenza dell'uomo, quell'orgoglio che - biblicamente - precede la caduta. La nave più decantata, che ha voluto strafare, battere tutti i record, il trionfo della tecnica e delle capacità umane, è affondata con una facilità disarmante, per la più stupida delle ragioni.
Dunque, il film come spettacolo, è perfetto. Che dire, però del resto? Sì, la sceneggiatura, i dialoghi, i personaggi, gli attori, la storia d'amore, il messaggio. Qui, secondo me, ci troviamo sul convenzionale; non dico banale, ma abbiamo a che fare con una materia di modeste pretese. I personaggi hanno una loro identità, ma piuttosto monocorde, basata su schemi abbastanza semplici. I dialoghi sono alle volte elaborati (come nella scena della cena), ma non profondi o intelligenti. I due protagonisti sono ricalcati su modelli risaputi: il bell'avventuriero senza dimora e regole, la ragazza castigata dalle convenzioni sociali e oppressa da una famiglia che la vuole avviare su strade prestabilite; infine, un fidanzato antipatico e dominatore. C'è però un tema che percorre tutta la pellicola, in modo persino ridondante, e che spiega tante delle caratteristiche dei personaggi. Il tema cioè della divisione in classi della società, rigidamente ricalcata dalla struttura della nave e dalla ripartizione dei passeggeri. I dialoghi e le situazioni ribadiscono ripetutamente questa situazione, con una convinzione starei per dire marxista, se non ci trovassimo nella fiera del capitalismo hollywoodiano. La classe superiore opprime quella inferiore, la considera indegna di rispetto e attenzione, la sfrutta con le sue fabbriche e aziende, e la relega nei bassifondi della nave. Essa vive di riti ingessati, di gesti ipocriti e di rigide regole che imbrigliano la vitalità e i sentimenti. La classe dei poveracci, invece, è la sede dell'allegria, della gioia di vivere, della spontaneità. E’ un ritratto sociale tagliato con l’accetta. Cameron, in alcuni momenti, presenta tra i personaggi dei ricconi controcorrente, più umani e altruisti, come per specificare che ci sono delle lodevoli eccezioni o per alleggerire la sua analisi manicheistica della società di allora. Il gioco, però, è manifesto. Infatti, il tema della divisione della società viene ripetuto fin troppo, con quello conseguente dell'auspicio di una comunità umana senza divisioni. Mi è sembrata più riuscita e non schematica, invece, la constatazione finale dell'egoismo di molti, che preferirono mettere al sicuro se stessi senza curarsi dei molti che stavano morendo. Un paio di personaggi secondari, ma sbozzati con originalità, ho trovato l'ingegnere costruttore, pieno di dubbi e di sensi di colpa, e il marinaio che alla fine va in cerca di superstiti, perché non si è rassegnato all'indifferenza dei suoi colleghi.
Cameron fu molto furbo? Può darsi, anzi sicuramente, perché di certo sapeva che tasti toccare. Ma sulle sue capacità di farlo bene non ho dubbi.
Per riassumere: grande spettacolo, ma contenuti modesti. Potrei dargli tre stellette, ma gliene do mezza di più per l'intrattenimento che comunque mi ha offerto.
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