Regia di James Cameron vedi scheda film
Voto: 10/10.
Pubblico: imdb 7,7/10 – metacritic 8,5/10 – rottentomatoes 3,3/5 (69%) – mymovies (IT) 4,42/5 – filmtv (IT) 7,7/10 – comingsoon.it 4,6/5 - allociné (F) 4,3/5 – sensacine (E) 4,2/5 – moviepilot (DE) 5,8/10 – kinopoisk (RU) 8,4/10 – mtime (CI) 8,9/10
Critica: metacritic 74/100 – rottentomatoes 8,0/10 (88%) – mymovies (IT) 4,25/5 – filmtv (IT) OTTIMO – ciak (IT) 4/5 – allociné (F) 4,9/5 – sensacine (E) 4,2/5 – moviepilot (DE) 6,9/10
Dizionari: maltin 3,5/4 – mereghetti 2,5/4 – morandini 3,5/5 – farinotti 3/5
“Il Titanic era chiamato la nave dei sogni. E lo era, lo era davvero…”. Sono passati 15 anni ma quel sabato sera, 17 gennaio 1998, probabilmente non lo dimenticherò mai: non era la prima volta che andavo al cinema ma la visione di questo film, diretto da un allora a me sconosciuto James Cameron, cambiò radicalmente il mio rapporto con la Settima Arte. Definire “Titanic” solo una pellicola per me risulta estremamente riduttivo: fu un’esperienza totale, inebriante, di quelle che si prendono una parte di te e che ti accompagnano per il resto della vita. Fino a quel giorno in sala andavo una o due volte all’anno, non leggevo praticamente nulla di cinema, motivo per cui già i primissimi fotogrammi non potevano che essere di notevole impatto: la grande nave che molla gli ormeggi del porto di Southampton, in una sequenza sgranata e ingiallita come fosse d’epoca, seguita, come in una specie di ossimoro visivo, dalla superficie increspata dell’oceano, di un blu intenso e freddo. I colori forti e/o contrastanti tinteggiano in realtà tutto il film, in quanto già lo stesso piroscafo è prevalentemente nero e bianco. Ed è proprio nell’Atlantico, nei suoi fondali tra gli Stati Uniti e la vecchia Europa, che il regista accompagna lo spettatore nelle sequenze successive, svelando pian piano quello che si trovò davanti nel 1985 Robert D. Ballard, l’oceanografo che scoprì la posizione del relitto consegnando le prime immagini al mondo intero e rendendo probabilmente il transatlantico ancora più mitico: il Titanic si trovava ancora lì, a quasi 4'000 metri di profondità, piuttosto ben conservato per essere trascorsi 85 anni, con il suo carico di vittime ma anche di reliquie e misteri.
La storia dello sfortunato viaggio inaugurale del più grande oggetto mai costruito prima dall’uomo non può che partire (e terminare) laggiù, da ciò che resta del vero piroscafo, che quel geniaccio di Cameron ha immortalato utilizzando una cinepresa montata all’interno di un robot telecomandato, lo Snoop Dog, nell’arco di 12 immersioni effettuate nel 1995 (ricavando 12’ di pellicola per ciascuna).
L’epopea del Titanic ci viene raccontata da una superstite, l’ultracentenaria Rose Calvert (un’intensissima Gloria Stuart, che sarebbe morta 12 anni dopo l’uscita del film), che, casualmente, riconosce in un reportage televisivo uno dei cimeli riportati in superficie dal relitto da una spedizione di cacciatori di fama e denaro, tra i quali Brock Lovett e Lewis Bodine (Bill Paxton e Lewis Abernathy rispettivamente): a questo punto del film noi spettatori siamo uno di loro, conosciamo la vicenda del transatlantico dall’esterno, un fatto di cronaca come tanti altri (per di più lontano nel tempo), ma senza averlo vissuto in prima persona. Ed è questa trasformazione che Cameron insegue: passare dalla visione dell’alacre Bodine nel descrivere l’animazione computerizzata della nave che cozza contro l’iceberg a quella emotiva dell’anziana. E scegliendo di anticipare tramite questo espediente tutte le fasi dell’affondamento non toglie nulla alla seconda parte del film, al contrario, permette un maggior coinvolgimento; il suddetto scopo del regista viene raggiunto appieno mediante le due porzioni principali della pellicola che costituiscono il racconto della Calvert. Per un’ora la mdp, oltre a farci conoscere i due protagonisti Rose DeWitt Bukater (Kate Winslet) e Jack Dawson (Leonardo DiCaprio), esplora la vita a bordo, accompagnandoci alle cene eleganti, alle partite a carte o alla sala fumatori di prima classe, scendendo, ponte dopo ponte, fino alle atmosfere più conviviali della terza classe, tra balli, fiumi di birra e cabine con letti a castello piuttosto spartani (anche se si diceva fossero ben più confortevoli rispetto alle corrispondenti di altri piroscafi).
E ancora più giù, fino alle sale macchine: a tal proposito reputo magnifico la sequenza da “spot pubblicitario” (come definito dallo stesso Cameron) in cui il Titanic prende velocità in mare aperto alla guida di un fiero capitano Edward J. Smith (Bernard Hill), al suo ultimo viaggio, mostrando prima il cuore della nave, per poi riprenderla a volo d’uccello da prua a poppa.
Dopotutto il transatlantico in quanto città galleggiante, microcosmo (ma mai tanto universale come in questa pellicola), a quel tempo era un simbolo da almeno due punti di vista: incarnava alla perfezione la società occidentale dell’epoca, con i suoi usi e costumi, la divisione in classi, ma per molti rappresentava pure il mezzo che avrebbe forse consentito di raggiungere un sogno (americano), una nuova vita. Dopo l’affondamento è divenuto pure il simbolo delle conseguenze della cieca fiducia dell’uomo nella tecnologia e della sua sfida alla Natura, nel momento storico in cui la Belle Epoque stava per sbiadire e lasciar posto al grigiore della Grande Guerra: non si tratta quindi solo di un grande affresco dell’inizio del XX secolo ma, con un’analisi a posteriori, è ancora una pellicola dalle tematiche attualissime.
A proposito di sequenze migliori, oltre al tanto amato/odiato bacio sulla prua al tramonto, non posso non annoverare, in coda all’esecuzione del dipinto di Rose da parte di Jack (o meglio, di Cameron, dato che le mani che disegnano sono le sue), quella della dissolvenza del volto di K. Winslet in quello di G. Stuart, in una manciata di secondi quasi l’intera vita di una donna riflessa nei suoi occhi.
Poi con l’avvistamento del fatale iceberg il tono della narrazione cambia profondamente e rapidamente (la scena della collisione dura nella pellicola 2 minuti o poco più, il doppio di quello che trascorse nella realtà): iniziamo così ad inalare l’orrore di un evento del genere. Per poterci strappare dal ritratto “cartolinesco” del mito e comprendere il dramma umano di tante persone, Cameron decide di ampliare l’intera parte dell’affondamento fino a circa la metà della durata reale (2h40), di privilegiare scene in esterni, facendo un ottimo uso degli effetti speciali, e di attenersi ai fatti reali.
Può sembrare ovvio parlando di un cineasta meticoloso come Cameron, ma è raro un uso tanto studiato del digitale, “discreto” negli esiti e finalizzato esclusivamente alla narrazione. Niente a che vedere con i precedenti film (anche quelli validi sotto tanti altri punti di vista, su tutti “Titanic latitudine 41 nord”), nei quali il transatlantico sapeva tanto di modellino da rivista periodica in moto in una vasca da bagno. Questa differenza netta è stata possibile realizzando un modello quasi in scala 1:1 della nave in un bacino artificiale messicano e cercando di reperire una mole di materiale cartaceo e fotografico la più esaustiva possibile, inclusi i testi delle inchieste giudiziarie che sono seguite al disastro.
E, ulteriore tassello di fondamentale importanza, grazie al ritrovamento del relitto nel 1985 è stato chiarito uno degli aspetti più controversi: il Titanic si era spezzato in due parti prima di affondare, come testimoniato da molti superstiti ma non dall’ufficiale di più alto grado sopravvissuto, C. H. Lightoller, la cui versione fu così presa per vera. Se si escludono le vicende dei protagonisti Winslet e Di Caprio, tutto è accurato e documentato, compresi alcuni nodi chiave della notte fra il 14 e 15 aprile non inseriti nel montaggio finale ma inclusi negli extra: due tra tutti, l’ultima comunicazione con il Californian (imbarcazione che ebbe un ruolo chiave) e il tentativo, rivelatosi vano, del capitano Smith di richiamare alla nave le scialuppe per riempirle.
Non si può non accennare al lavoro di precisione svolto da decine di scenografi, arredatori, costumisti e truccatori, solo in apparenza più evidente nella prima metà del film: lo studio meticoloso di documenti e foto d’epoca ha consentito di raggiungere un risultato senza precedenti, dagli abiti rifiniti nei minimi dettagli fino alle posate con il logo della White Star forgiato sopra. Notevole nondimeno la colonna sonora firmata da James Horner, che a tutt’oggi, con 27,3 milioni di copie, è la soundtrack strumentale più venduta di sempre. Una curiosità: il primo trailer del film, quando l’uscita americana era ancora prevista per il 2 luglio del 1997, non era accompagnato da “My heart will go on” di Celine Dion, bensì da “Book of days” dell’irlandese Enya.
E così si procede verso il finale: la tanto sospirata Statua della Libertà la vedranno solo in 700, tra cui Rose, che sotto la pioggia suggellerà “ufficialmente” l’unione con Jack. Dopotutto il caso è un altro tema ricorrente, nella finzione del film così come nella realtà: da quello che ha permesso a Jack di agguantare i biglietti o di incontrare Rose alla congiuntura che fa incrociare la rotta del Titanic con quella dell’iceberg o ancora ciò che separò la vita dalla morte. Così termina anche il racconto dell’anziana superstite, la quale non potrà che ricongiungersi, in un sogno che pare molto reale, al suo amato, in un epilogo da antologia nel quale tutti i passeggeri della nave rendono loro omaggio: dopotutto “nulla al mondo poteva dividerli”…
ALCUNI NUMERI
DATE DI USCITA
Cinema USA: 19/12/1997
Cinema Italia: 16/1/1998
Home Video USA: 31/8/1999
Cinema 3D USA: 4/4/2012
Cinema 3D Italia: 6/4/2012
Home video 3D Italia: 13/9/2012
INCASSI
INCASSI ASSOLUTI
Nel mondo: 2.186.772.302 $ (2° posto, dopo “Avatar” e prima di "Star Wars: Episode VII")
In USA: 658.672.302 $ (3° posto, dopo "Star Wars: Episode VII" e “Avatar”)
In Gran Bretagna: 80.100.000 £ (5° posto, dopo "Avatar" e "Spectre")
In Italia: 71.100.000 € (1° posto, seguito da "Avatar" e "Quo vado?"[*] ) [*]incasso parziale Cinetel
INCASSI RIVALUTATI IN BASE ALL’INFLAZIONE o NUMERO SPETTATORI
Nel mondo (fonti diverse): 2.767.987.953 $ (3° posto), 2.805.989.777 (2° posto), 3.567.773.253 $ (1° posto)
In USA: 1.178.627.900 (5° posto, al primo “Via col vento”) [prezzo medio 2016 biglietto USA: 8,70 $]
In Italia: 13.707.000 SPETTATORI (12° posto; 1° dal 1973 ad oggi)
In Gran Bretagna: 110.000.000 £ [2° posto dal 1975 ad oggi; prezzo medio 2014 biglietto UK; fonte BFI]
In Francia: 21.774.181 SPETTATORI (1° posto)
ALTRI GUADAGNI
Introiti mondiali VHS/DVD: 1.200.000.000 $
Introiti USA - Riedizione 2012: 9.441.664 $ DVD, 6.936.057 $ BLU-RAY
Diritti TV USA (NBC/HBO): 55.000.000 $
BUDGET
Produzione: 200.000.000 $
Promozione pubblicitaria: 80/100.000.000 $
Riconversione 3D: 18.000.000 $
ASCOLTI TV ITALIA
Primo passaggio televisivo (2/4/2001): 12.343.000 – 51,83%
Ultimo passaggio televisivo (15/4/2012): 5.283.000 – 24,53%
PREMI
TOTALE: 109 PREMI + ALTRE 73 CANDIDATURE
ACADEMY AWARDS
Nominations: 14 (1° posto, ex-aequo con “Eva contro Eva”)
Statuette vinte: 11 (1° posto, ex-aequo con “Ben Hur” e "Il signore degli anelli - Il ritorno del re")
GOLDEN GLOBES
Nominations: 8
Statuette vinte: 4
BAFTA AWARDS
Nominations: 10
Statuette vinte: 0
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