Regia di James Cameron vedi scheda film
I fantasmi di una tragedia passata, vengono riesumati dal loro oblio da parte di James Cameron, che con "Titanic" (1997), si immerge nelle oscure profondità oceaniche, raggiungendo il fatiscente relitto in rovina ad oltre 3800 metri.
Cameron come l'anziana Rose Dawson (Gloria Stuart), torna sulla scena del crimine, con la necessità di poter toccare con mano i resti e gli oggetti del transatlantico, per poter ricordare. "Il cuore di una donna è un profondo oceano di segreti" secondo Rose, quindi bisogna partire dalle immagini del vero Titanic, così da far vivere ciò che è immerso nel tetro silenzio degli abissi.
Nel realizzare una tale impresa, il regista unisce assieme gli stilemi del kolossal, con i topi del melodramma, mettendo in scena la storia delle storie; una delle ultime imprese folli imprese produttive di Hollywood, realizzata per la gran parte in modo analogico, andando contro gli effetti visivi dei blockbuster contemporanei, realizzati con una CGI senza estro visivo e trame impalpabili.
James Cameron unisce la storia con la "S" maiuscola, con le tante storie di individui presenti a bordo in quella tragica traversata dell'Aprile 1912, mescolando personaggi realmente esisistenti - il capitano Smith (Bernard Hill), il costruttore Andrews (Victor Gaber) o l'amministratore della "White Star Line" Ismael (Jonathan Hyde) -, con personaggi d'invenzione protagonisti di un triangolo melodrammatico che vede al vertice la giovane di buona famiglia Rose (Kate Winslet) e alla base il suo ricco promesso sposo Cal (Billy Zane) e lo spiantato artista itinerante Jack (Leonardo Di Caprio).
Perfettamente suddiviso in due metà, nei primi 90 minuti James Cameron, con il pretesto di narrare il crescente amore della passeggera di prima classe Rose, con il povero Jack della terza classe, mostra tutto il suo gusto per la costruzione di scenografie dettagliate e veritiere, valorizzate nel loro "Zenit" dalla fotografia dalle calde tonalità di Russell Carpenter.
Il perfetto realismo delle location, contruibuisce all'illusione del cinema di Hollywood, nel far rivivere il primo e unico viaggio del Titanic. Tutta la società Eduardiana dell'epoca, nelle sue sfaccettature e suddivisioni classiste, si lascia andare in un ultimo valzer, che segnerà per molti storici un'annuncio della fine "Belle Epoque", spazzata definitivamente via dalla Prima Guerra Mondiale, la cui mattanza sarà possibile proprio grazie agli ultimi ritrovati della tecnologia così fieramente ammirata ed esibita.
Rose, Cal e Jack, sono figure archetipe, senza angoli o pieghe smussate, in modo da consentire l'immediata comprensione delle dinamiche "fisiche" dei personaggi, prima ancora che psicologiche. Perevalgono schiaramenti netti, senza sfumature. Prima classe contro terza classe. La seconda pur enunciata, non trova praticamente spazio di rappresentazione. Lo stesso Jack, che dovrebbe offrire un punto di vista sulla terza classe, si muove continuamente lungo tutta la nave, frequentando e vivendo ben poco gli ambienti di appartenenza.
La componente politica in "Titanic" si riverbera non in un conflitto di classe, ma in una visione a specchio di sè. "Il riflesso un pò cambiato" come dice l'anziana Rose, è lo stesso che da giovane ha visto tra le future dame dell'alta società; ovvero un destino di "donna da porcellana", quindi oggetto da contemplare ed esibire nella sua algida bellezza.
Trofeo da esibire, secondo la logica cristallizzata dell'amore di Cal. Quindi non può che vincere (momentaneamente almeno), il divenire di Jack, che sottrae Rose dalla mortifera fissità immobile, per consumare il sentimento in un istante di passione sul retro di un auto - altro ultimo ritrovato tecnologico messo in scena -, con grande felicità del pubblico.
Dati i costi notevoli della pellicola - di cui molti analisti pronosticavano il disastro finanziario -, Cameron ha fatto della semplicità della sceneggiatura un mezzo per giungere alle masse, facendo immergere lo spettatore in una comfort zone di topoi in cui farlo stare tranquillo, per poi far deflagare il meccanismo visivo. Bisogna riconoscere una certa banalità nei dialoghi, così come il personaggio di Jack troppo sempliciotto - a dispetto della sua conoscenza di come vada il mondo -.
Fortunatamente dal bozzettismo debole si salvano in parte la maschera crudele del Cal di Billy Zane - che a suo modo infondo ama Rose - ma sopratutto la delicatezza sopraffine dei piccoli gesti e degli sguardi profondi della Rose di Kate Winslett, capace di dare spessore ad una figura, abbastanza sciapa nel tratteggio datane dalla sceneggiatura, abbastanza carente nel tratteggiarne il focus.
Bisogna andare al di fuori dei componenti del triangolo, addentrandosi tra lo stuolo di personaggi secondari, per ritrovare una certa vitalità genuina. Più che Jack e Rose, sono lo sguardo perso nel caos del capitano Smith, la rettitudine di Andrews o il cinismo di Lovejoy (David Warner) a dare sostanza umana al palcoscenico in cui si ritrovano, così come sono fondamentali la miriade di comparse senza nome, icon i loro sguardi intrisi di terrore, ai fini del vissuto apocalittico di ciò che sta avvenendo.
Lungo la strada verso il "Nadir" del Titanic, assume i tratti di un'agonia lenta, ma inesorabile, verso l'inevitabile. Quei luoghi che fino a qualche ora prima pulsavano di vita, vengono mano a mano sommersi dalla furia distruttrice dell'acqua, che come una livella non conosce distinzioni di classe e ceto.
Cameron ricostruisce il caos per la lotta della sopravvivenza, in modo tetramente spettacolare, senza però mai smarrire sotto il peso del gigantismo l'umanesimo dei propri personaggi, andando dall'alienazione dei ricconi della prima classe che vogliono "affondare da signori", allo smarrimento dei passeggeri della terza classe, lasciati totalmente in balia di sè stessi e senza alcuna istruzione.
Davanti all'ineluttabile, chi dovrebbe possedere gli strumenti per consocere meglio di tutti il pericolo, sceglie scientemente di estraniarsi dal mondo, mentre i più umili e poveri, si affidano a Dio sino all'ultimo, sperando che faccia tutto il lavoro di salvezza per la loro.
Un teatro dell'assurdo, svolto su un palcoscenico in via di progressivo disfacimento, messo in scena da Cameron, con nuove innovazioni nel campo dell'effettistica, che non arrivano mai a divorare la vicenda narrata, grazie ad una regia capace di costruire sempre un pericolo tangibile in agguato, sino ad arrivare al suo apice visivo, al momento in cui il Titanic si spezza spezza in due a causa del superamento del punto di rottura; una visione apocalittica da far invidia alle storie di distruzione presenti nell'Antico Testamento.
Amore e morte s'intrecciano in un'epopea di oltre tre ore, capace di catturare sempre l'interesse dello spettatore se non nelle vicende della storia d'amore, almeno nel vero protagonista del film, ovvero il transatlantico.
Si chiude la vicenda con un finale triste ed una risoluzione della vicenda non del tutto conciliatoria, in quanto il gioiello "Cuore dell'oceano" intorno a cui ruotano gli sforzi del team di ricerca, non raffigura altro che i ricordi sopiti per tanti decenni da parte di Rose, che raccontando la sua storia, esaurisce al contempo la sua funzione storica.
Cameron è un regista che ama l'elemento acqua per la sfida tecnica che rappresenta, ma anche e sopratutto per ciò che rappresenta; ovvero il suo essere memoria di tutte le cose. Talete di Mileto, il primo filosofo, sosteneva che l'acqua fosse il principio a cui si conforma tutta la realtà esistente, non è un caso dunque che nel finale la macchian da presa non si elevi verso l'alto, ma scenda nelle profondità degli abissi oceanici, per un'ultima dissolvenza tra il relitto fatiscente del Titanic e quello ricostruito dal regista, concedendo a Jack e Rose un'utopia altrimenti impossibile.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta