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Mio figlio non sa leggere

Regia di Franco Giraldi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Mio figlio non sa leggere

di Baliverna
6 stelle

Un film per la TV sul problema della dislessia di certi bambini, col sottofondo di una coppia divisa.

Siamo nell'epoca in cui la RAI amava produrre film su bambini ammalati o con problemi, e in generale su argomenti che possono far uscire la lacrimuccia alle persone che più si commuovono. Non erano gran ché, ma in confronto a quello che la RAI produce oggi erano quasi dei capolavori. Questo esemplare gravita in questa orbita, ma ha il pregio di essere superiore a molti altri e a non usare la furbizia per produrre la commozione a comando. Del resto Franco Giraldi, regista e co-autore della sceneggiatura assieme all'autore del romanzo Ugo Pirro, non è l'uomo nominato dalla produzione con in mano la lista dei requisiti che dovrà avere il prodotto, ma un cineasta che non abdica alla creatività e al contenuto, nonostante i paletti che anche lui deve aver avuto.

La storia parla di un bambino dislessico, figlio di genitori ricchi e presto separati, e del percorso di riconoscimento e di cura della malattia da essi operato.

Dal punto di vista del discorso sulla dislessia, l'opera presenta un indubbio interesse, ancor più per il fatto che oggi è un disturbo diffuso e in aumento, mentre allora era un argomento di frontiera. Nel caso del bambino del racconto, una delle principali cause della dislessia sono state alcune errate limitazioni a cui era stato sottoposto da bambino, come l'impedirgli di camminare carponi per non sporcarsi. Il gattonare, infatti, aiuta l'instaurarsi della coordinazione tra i lobi cerebrali, processo su cui si basa anche la lettura. Non a caso, oggi non è raro vedere genitori con questo tipo di apprensioni, che alla fine danneggiano i figli. L'altro elemento che certo non aiuta il piccolo, ma che pure rimane sfocato nella sceneggiatura, e la divisione dei genitori. Quanto a ciò, viene mostrata la sofferenza del bambino, i dispetti che fa per vendicarsi, mentre non viene messa a fuoco, perché accennata alcune volte e poi abbandonata, l'eventuale corresponsabilità di essa per la dislessia. Allo stesso modo, rimane un po' confusa la responsabilità del padre sia nella separazione che nel rifiuto di riconciliarsi con la moglie. A volte il suo comportamento appare sensato, altre volte un capriccio dalle conseguenze negative o persino penose (come i problemi causati dall'amante di lui).

Per di più, il finale mette in dubbio tutta la terapia per guarire il bambino dalla dislessia, non quanto ad efficacia ma quanto ad opportunità. Questo secondo me dà un ulteriore scossone ad un discorso già un po' incerto e sovraccarico. E forse è un ulteriore prova del fatto che le quattro o più mani in sede di stesura del copione funzionano solo raramente, perché il più delle volte si ottiene un risultato un po' schizofrenico.

Precisato questo, la visione è accettabile, a tratti riuscita e in altri momenti meno, e la storia si segue con attenzione. L'atmosfera è pacata e malinconica, e possiamo apprezzare in sottofondo uno spaccato di vita quotidiana e di società degli anni '80. Però è ovvio che può risultare più interessante per genitori che abbiano figli dislessici. Mimsy Farmer e Omero Antonutti, specie il secondo, sono bravi.

 

 

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