Regia di Simone Godano vedi scheda film
È passato quasi un quarto di secolo (!!!) da “Ferie d’Agosto”, e questo gradevole “Croce e Delizia” ne aggiorna, in consapevole e forse inevitabile diminuendo, la funzione.
Anacoluto, ovvero: Jasmine Trinca, l’ho fatto - e lo farò - solo per lei.
- “Croce e Delizia” (Simone Godano, 2019)
- “Guida Romantica a Posti Perduti” (Giorgia Farina, 2020)
- “SuperEroi” (Paolo Genovese, 2021)
[Per quanto riguarda “Slam - Tutto per una Ragazza” (Andrea Molaioli, 2016), “Ti Amo Troppo per Dirtelo” (Marco Ponti, 2011) ed un altro paio, già caduti in prescrizione, beh, che dire… Abbiate pietà.]
E invece... come primo approccio al trittico informale: niente male (ché se Parigi c’avesse il GRA sarebbe ‘na piccola Mostacciano).
- O sbaglio, Olivia? Te ne frega di qualcuno? Te ne frega di questi due?
- No. Non me ne frega. Va bene? Ho imparato a proteggermi. Fatti furba pure tu.
“Croce e Delizia”, l’opera seconda di Simone Godano dopo l’esordio nel lungometraggio avvenuto con “Moglie e Marito”, scritta sempre con Giulia Steigerwalt e rispetto alla quale conferma la bontà di organizzazione dello sguardo sul mondo, è un - anche letteralmente musicalmente parlando - crescendo: infatti, dopo un inizio incespicante…
- causa la peggior posa dell’intera pellicola per quanto riguarda l’interpretazione di Jasmine Trinca (ma questo dipende in gran parte dal regista che dopo lo “Stop!” ha dato l’“Ok!” e non il “Facciamone un’altra!”: lo sai ch’è brava, e/ma non è mica Marilyn ai tempi di “Something's Got to Give”, nun te magna vivo: chiedigliene ancora una! A meno che non fosse proprio questo il risultato cercato e voluto...), che però nel corso del film regalerà momenti (e/ma no, gli attacchi di panico non sono il suo forte) di autentica bellezza recitativa, tanto in a solo, con piccoli movimenti sussultori dei muscoli del volto, un balenante sguardo stornato & insistito, fuggevole & protratto (penso alla scena della "seduzione" del pesciarolo burino), un timido sorriso accennato, quanto in relazione con, soprattutto, Alessandro Gassmann e Fabrizio Bentivoglio (dicotomicamente più che ottimi: il primo, probabilmente l’attore italiano meno valorizzato al mondo, sforna in candida surplace, davvero encomiabile per il risultato finale che riesce a portare a casa, l’asse portante del film, il secondo, sempre sull’orlo della stroppiatura, ma la cui danza sul filo del rasoio/precipizio non sbaglia di un passo, ne è controparte affiatata e sintonica), e poi Filippo Scicchitano (che, dopo l’esordio marchiante con “Scialla!” e la partecipazione a tre F.Comencini - F.Ozpetek - G.Veronesi “minori”, con questa prestazione - e nello sguardo la fissità tipica del laziale - incarna la versione “pacificata e a lieto fine” dei protagonisti “adulti senza essere cresciuti” di “Favolacce” dei D'Innocenzo), Clara Ponsot e Rosa Diletta Rossi, entrambe bravissime (chiudono il cast Anna Galiena e Lunetta Savino: la prima riesce a reggere il peso dell’entrata in scena succedanea e la seconda, pur in un ruolo marginale, instaura una piacevole caratterizzazione di una strana coppia con Giandomenico Cupaiuolo) -
…grazie al quale si continua prevenuti, vuoi per la bravura degl’interpreti, vuoi per una regìa funzionale e mai inutilmente soverchiante (che pur nel pre-finale riserverà qualche piccola piacevolezza stilistica portatrice di senso: e un grazie, a tal proposito, va rivolto a Daniele Ciprì per la fotografia, che si riserva un cameo sui titoli di coda come - “Spoiler!” - celebrante/cerimoniere/officiante civile, e a Gianni Vezzosi per il montaggio, e penso - pur rilevando qualche campo/controcampo e cambio di focale un po' sballato - alla semplice ma ben fatta triplice sovrapposizione con Jasmine Trinca a riodinare l'appartamento), l’attenzione viene catturata e non si pensa, mai, all’orologio.
Musiche originali di Andrea Farri. Colonna sonora non originale contestualizzante: un Tiziano Ferro del 2006 che speravo di essere riuscito a dimenticare (“Amo’, questa è la canzone nostra!”) e, dall’estate 2018 in cui il film è stato girato (principalmente a Gaeta con scorci di Formia e Roma) ed ambientato, lepidezze pop da Alice Merton e Maneskin.
Producono la Groenlandia di Matteo Rovere e la Picomedia di Roberto Sessa (più i fondi da MiBACT e regione Lazio). Distribuisce Warner.
È passato quasi un quarto di secolo (!!!) da “Ferie d’Agosto” (e da - per dire - "Io Ballo da Sola / Stealing Beauty", mentre il presente è "ritratto" dalla stanca consuetudine sfiancante di "Come un Gatto in Tangenziale" di Milani/Cortellesi/Calenda/Andreotti/Albanese, dal miglior film di Aldo, Giovanni e Giacomo & Massimo Venier da tempo immemore, "Odio l'Estate", e dal cinema di Guadagnino, che dal Bertolucci succitato pesca a piene mani), e questo gradevole “Croce e Delizia” ne aggiorna, in consapevole e forse inevitabile diminuendo, la funzione.
- Ma è di Parigi, nun me guarda proprio...
- E che c’entra? Pure mamma, mica era de Cantù!
- Davero?
- Era de Mostacciano, aò! Eh!
* * * ¼ (½) - 6.625
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