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Un morto ammazzato.
Nessun colpevole, tutti formalmente innocenti, ma tutti egualmente coinvolti e compromessi, al punto da essere costretti ad agire in silenzio, ricattandosi vicendevolmente, per risolvere sotto banco la sporca faccenda.
In un Nord Est un po' cupo e non solo per ragioni di carattere meteorologico, le esistenze di una famiglia borghese composta da un marito faccendiere (Marco Giallini) arricchito per aver sposato la capostipite non particolarmente avvenente di una famiglia di industriali, donna irrisolta ed insicura, tutta gocce di ansiolitico e tentennamenti (Michela Cescon), assicurandosi il malloppo del casato grazie ai due figli messi in cantiere qualche anno prima, vengono sconvolte quando la donna, sola in casa assieme ai figli, spara ad un ipotetico ladro, che si rivela invece come il figlio della devota domestica rumena (l'ottima Cristina Flutur di Oltre le colline, di Cristian Mungiu), di cui si è invaghita la figlia della coppia.
Richiamato a casa il marito, impegnato in ormai abituali e fisiologiche avventure sessuali mascherate da affari di lavoro, fatto accorrere alla magione il connivente commissario di polizia (Massimiliano Gallo), ma anche il prete affascinante mentore della moglie (Vinicio Marchioni), nonché l'inquietante ortopedico della città (Bebo Storti, bravo assai), ognuno con un proprio segreto da nascondere e da cui difendersi, ecco che tutti i presenti troveranno il modo per gestire quella situazione di emergenza, facendo ricorso ognuno ad un compromesso in grado di salvare almeno le apparenze. Ma pagando ognuno un prezzo altissimo, almeno in termini di coscienza.
Ivano De Matteo firma un gialletto alla Agatha Christie, che scandaglia con cura e una certa verve nei meandri di un ceto sociale ipocrita e connivente, disposto a tutto pur di tener nascosti segreti che ormai sono dominio di troppi, ma che nessuno può rivelare per non compromettere ognuno la propria precaria situazione di ricattabilità.
La storia, almeno a tratti, funziona senza raccontarci nulla di nuovo o di straordinario. Peccato che il film, forse proprio per attenersi alle atmosfere un pò retró della celebre giallista britannica, sia pervaso da una fotografia sciatta, dalla scelta di location tra il vintage e il poco probabile (la villa dei ricchi protagonisti pare uno chalet disadorno, arredato con il mobilio degno di una casa di vacanza aggiustata alal meglio), laddove in genere il cinema italiano tende, al contrario, ad eccedere in opulenze ostentate e fuori luogo: qui, che ce ne sarebbe stata l'occasione, invece, si preferisce puntare su un minimalismo di cattivo gusto, retrò e poco consono - almeno a mio avviso - alla situazione.
Stessa cosa, quasi a conferma, dicasi del manifesto del film, davvero brutto oltre ogni immaginazione, degno di uno scult di serie B o C che non ha nulla a che vedere con questa produzione.
Nel ruolo di contorno, ma difficilmente dimenticabile, della anziana patriarca, egocentrica, egoista e pure intollerante, se non proprio razzista, è bello ritrovare una ispirata e pungente Erika Blanc.
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