Regia di Ivano De Matteo vedi scheda film
Uno specchio messo a tradimento.
Se si dovesse, per forza (no, non si deve, ma è comunque divertente farlo), trovare un nome ed un cognome del cinema del passato da accostare a quello di Ivano De Matteo (“Ultimo Stadio”, “la Bella Gente”, “gli Equilibristi”, “i Nostri Ragazzi”, “la Vita Possibile”) tanto da renderlo - non certo erede, ché le bestemmie laiche son le peggiori, ma comunque, ed almeno, degno - epigono, per quanto riguarda “Villetta con Ospiti”, allora sarebbe meglio giocarlo, questo gioco, stando… al gioco, e, seguendo le sue evidenti, pleonastiche e ridondanti regole, pronunciare (in attesa del fulmine a ciel sereno… Pfiù!) quello di Pietro Germi, di nome e cognome: per “Signore e Signori” (con delitto) e per via della natura di questo autore: attore, sceneggiatore e regista (che qui si limita a co-scrivere, con la sodale di sempre - nonché compagna - Valentina Ferlan - però triestina, non vicentina -, e a dirigere). Aggiungete un po’ di Paolo Virzì (il Capitale Umano), Daniele Vicari (l’Orizzonte degli Eventi), Carlo Mazzacurati (la Giusta Distanza), Gianni Zanasi (la Felicità è un Sistema Complesso), Edoardo Gabbriellini (Padroni di Casa) e… il gioco è fatto. Lo sprofondo veneto: pedemontano brulichio di fauna selvatica sopravvivente alle battute di caccia di frodo, brume mattutine su strade che curvano nel piatto nulla arrancando verso espatri e rimpatri “salvifici”.
Per cast un gran bollito misto (nell’accezione salivante del termine) da (per l’appunto) acquolina in bocca: Marco Giallini (una onnipresenza consolante dello cinema italiano d’oggi: per prezzemolite e bravura è una via di mezzo fra Pierfrancesco Favino e Beppe Fiorello, e molto più simpatico di almeno uno di loro), Michela Cescon (una Laura Morante con la sindrome da Valeria Bruni Tedeschi: vuol essere un complimento, eh, per l’indimenticata protagonista del parafiliaco “Primo Amore” di Matteo Garrone e Vitaliano Trevisan da Marco Mariolini), Massimiliano Gallo (ottimo, in una parte in cui lo stesso regista si sarebbe trovato a proprio agio), Cristina Flutur (già presenza pulsante di “Oltre le Colline” di Cristian Mungiu, e qui eccellente: suo è il nucleo scarnificante del film; per questo pezzo non ho inserito immagini: l'immagine iconica sarebbe il suo volto: per pudore e rispetto verso il dolore inventato del suo personaggio, così vero, lo scrivo: il suo viso), Erika Blanc (perfetta, in una parte consmile a quella che Ferzan Ozpetek ha riservato a Barbara Alberti in “la Dea Fortuna”; inciso a latere: strano che il regista italo-turco non abbia ri-chiamato per quel ruolo proprio l’attrice - Mario Bava, Giorgio Strehler, Pupi Avati e, a proposito del citato capolavoro ambientato a Rezega (RZ), Alberto Lionello, suo compagno - che con lui aveva già girato “le Fate Ignoranti” e “Cuore Sacro”), Bebo Storti (un personaggio, il suo, che forse è il reale, autentico e concreto richiamo e tratto d’unione col “Signore e Signori” di Pietro Germi), Vinicio Marchioni (sempre altamente affidabile) e Monica Billiani e Ioan Tiberiu Dobrica (due più che convincenti esordi totali). E Bassano del Grappa.
Fotografia: Maurizio Calvesi. Montaggio: Marco Spoletini. Musiche: Francesco Cerasi.
Producono Rodeo Drive (Marco Poccioni e Marco Valsania), Rai Cinema, le Films d’Ici e… ‘a Lazio. Distribuisce Academy Two.
Mini-spoiler (il fattaccio lo si conosce dalla sinossi e l’identità della vittima è chiara sin da subito): lodevole l’anti-retorica della scena in cui la madre scopre il cadavere del figlio.
E rimarchevole l’uso delle sessioni jazz in concerto con gli elementi perturbanti e le situazioni violente.
I caratteri messi in scena sono pi-a/e-gati dalla… caratterizzazione, sono appesantiti (il modellino di veliero...) dalle loro peculiarità, tipizzazioni, prerogative, e sono identificabili con un’occhiata senza l’ausilio di chiavi dicotomiche, e anzi sono essi stessi proverbiali ed esemplari elementi identificativi utilizzabili in una possibile rappresentazione audio-video-grafica vivente di un eventuale atlante tassonomico e distributivo della gens italica, e però, al contempo, questo loro essere cifre di un algoritmo, paradossalmente, li fa riconoscere come veri… perché lo sono.
Per questo “Villetta con Ospiti” è anche - e soprattutto, e solo - un fatto di cronaca. Un etico apologo a-morale tanto sincero quanto di riporto. Uno specchio messo a tradimento. E forse, a latere, anche un bel/buon film.
* * * ½
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