Regia di David Nawrath vedi scheda film
TFF 36 - CONCORSO
Il sessantenne ma ancora aitante Walter, è un uomo solitario e senza famiglia che campa lavorando per una società che si occupa di sgombri forzati a seguito di ordinanze del pubblico ufficiale nei confronti di debitori morosi.
Sempre più spesso si trova a dover attuare anche procedure forzate effettuate al di là delle prescrizioni di legge, ma attuate per favorire l'azione di una associazione a delinquere specializzata in loschi affari immobiliari: cotoro infatti acquistano le quote di maggioranza di vecchi palazzi, costringono i residenti più risoluti ad andarsene psgando loro prezzi minimi in cambio di una tranquillità di vita in cui costoro non possono più contare, angheriati come sono da molestie sempre più circostanziate e prepotenti.
Quando, tuttavia, nell'ultima vittima, un tassista con bella moglie e figlioletto biondo dal viso intelligente, Walter pare riconoscere un individuo a lui ben caro, ecco che le sporche vicissitudini speculative della banda troveranno un duro ostacolo in più oltre a quello rappresentato dalla legge, che invece lu vede sopravvivere indisturbati.
Un uomo corpulento apparentemente obbediente ed innocuo, che i malviventi farebbero bene a non sottovalutare.
Opera prima del regista tedesco David Nawrath, Atlas è scandito da un efficace ritmo narrativo in grado di avvincere lo spettatore, catturandolo nella rete emozionale che la storia provoca su chi la affronta.
Spicca su tutti il bel personaggio del protagonista, un buono di fondo devastato negli affetti e coinvolto per troppo tempo in affari loschi che non si merita. Tuttavia l'articolata vicenda risulta compromessa sin troppo da qualunque altra figura umana stia attorno a quella centrale: tutte, infatti, irrimediabilmente troppo stilizzate, esagerate nell'essere - a seconda dei casi - troppo buone o troppo cattive, o costruite troppo funzionalmente e ricattatoriamente a beneficio della trama sin troppo disinvolta nel suo dispiegarsi.
Certo, il film celebra con candore un inno accorato ai valori indispensabili dell'unita familiare, focolaio indispensabile per una esistenza moralmente accettabile, ma nel suo evolversi l'impeto narrativo pare sin troppo incontenibile, senza controlli sulla dinamica delle soluzioni narrative, portate con troppa disinvoltura verso soluzioni sin troppo inverosimili ed azzardate.
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