Regia di James Mangold vedi scheda film
Grande film di passioni che rivendica l'idea di vivere per uno scopo contrapposto al disumano piattume della vita ordinaria. 7,5 PASSIONALE
Mangold centra un altro gran film e si conferma autore hollywoodiano fondamentale per questi anni post-tutto. Blindato il soggetto con una sceneggiatura solida e con degli attori di classe, la macchina produttiva americana dei tempi d'oro sfornava titoli memorabili, perché non farlo ora? Giusto! Ma Le Mans 66 non è solo un buon intrattenimento, infatti stabilizzata la forma film nelle collaudate (ma non scontate) linee guida sopra citate, gli autori inseriscono un messaggio stratificato che parte dalla sfera professionale-esistenziale per arrivare alla constatazione amara di una società non fondata sulla sincerità e sull'importanza del rapporto umano. Dunque l'eroe è e DEVE essere un loser, la sconfitta ingiusta sublima il suo status rivoluzionario. Lui guida macchine gli altri le 'vendono', oltre la logica di nicchia del motor sport, Ken Miles Vive (con la V maiuscola), i manager Ford si fottono a vicenda accumulando solo il vile denaro ma non hanno capito nulla. Shelby fa da ponte a queste due parti, cercando di riportare la figura del capitalista in una dimensione accettabile, ma non è possibile, per fortuna che ci sono quei pazzi isterici degli italiani con un Enzo Ferrari (finalmente dopo la superficialità con cui è stato trattato in Rush) capace d'inseguire anche lui l'idea folle della perfezione per inesorabilmente fallire. Un fallimento materiale ma non creativo, una sconfitta che si tramuta in vittoria, il coraggio che vince sul conformismo. Mangold entra alla grande nella golden age delle corse automobilistiche e al cotrario di Ron Howard (sempre con il bel Rush del 2013) non sceglie solo il climax, la storia, ma si butta nella passione cercando di trasportare gli spettatori in un mondo 'altro', 'parallelo' dove si vive o si muore per inseguire qualcosa di stupendamente utopico, se no come afferma lo strepitoso Bale/Miles agli altri non resta altro che 'lavorare'. Vero e mi viene da piangere...
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