Regia di James Mangold vedi scheda film
Negli anni ’60, la scuderia Ferrari detiene il primato in velocità. Le ultime gare della 24 Ore di Le Mans le ha praticamente vinte tutte la casa automobilistica di Modena. Tranne nel 1959, quando a spuntarla fu Carroll Shelby, primo pilota americano a vincere la competizione. Sarà per questo che quando Lee Iacocca cerca qualcuno per rilanciare il marchio Ford pensa a lui che nel frattempo ha messo fine alla sua carriera per problemi ad una valvola cardiaca ma ha già il nome che potrà sostituirlo, il suo amico Ken Miles, allergico alle relazioni pubbliche tanto quanto è eccezionale alla guida, con cui intraprenderà un’avventura dall’esito mai scontato.
James Mangold, dopo aver esplorato il mondo dei supereroi, decide di fare una capatina in quello dell’automobilismo. Pur tenendosi molto lontano dagli standard visivi ed emozionali raggiunti da Ron Howard con il suo strabiliante Rush, Mangold costruisce un film dinamico, capace di alternare momenti adrenalinici e appassionanti da guardare a momenti di riflessione, pur senza scavare mai nella profondità necessaria, che sia da una parte o dall’altra, per rendere ogni situazione viscerale; resta quindi sempre in superficie, garantendo intrattenimento senza però mai scomodare il coinvolgimento vero e proprio.
La distanza che il regista frappone tra spettatori e protagonisti, incide negativamente, in un certo qual modo, anche sulle prestazioni degli attori che si “limitano” ad esaltare le caratteristiche sportive dei personaggi che interpretano, aggrovigliati in un rapporto simbiotico di cui sono gli unici testimoni, considerando che Mangold non racconta mai l’antefatto legato a quella loro amicizia apparentemente indissolubile ma che Shelby non sembra porsi il minimo problema di falciare alla prima occasione, salvo poi farsi perdonare mettendo in gioco tutto quello che ha.
Nonostante le ottime interpretazioni di Bale e Damon, nei panni rispettivamente di Miles e Shelby, la pellicola di James Mangold manca di qualcosa. Anche se la sceneggiatura oscilla bene tra racconto e azione, come già sopra anticipato, anche se la fotografia è più che buona, anche se Mangold riesce a parlare di automobilismo pure a coloro che del settore non ne capiscono una mazza, manca di quell’appeal necessario a rendere una pellicola indimenticabile; quell’elemento magico costituito da una serie di fattori, spesso anche inspiegabili, che caratterizzano un film e che in questo caso sembrano mancare, finendo per silurare l’opera di Mangold dall’olimpo delle pellicole memorabili.
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