Regia di Valerio Zurlini vedi scheda film
"Uno dei più bei film italiani che abbia mai visto."
George Lucas, 1982
Il giudice della corte nella sequenza onirica del sogno nel deserto:-
"Imputato Henri Charrière alzatevi, questa corte vi giudica per il più grave dei crimini. Avere sprecato la propria vita. Come vi dichiarate in merito a questa accusa? "
Henri"Papillon" Charrière/Steve McQueen:-
"Colpevole....colpevole...."
"Papillon"(1973), Franklin J. Schaffner
Capolavoro tra i capolavori del cinema italiano anni '70 dal massimo respiro internazionale, anzi mitteleuropeo sarebbe più appropriato e attento dire, da parte di uno dei registi per tanti aspetti "meno italiani" del nostro cinema.
Difatti chi mai avrebbe potuto impregnare questa opera maestosa e mastodontica assieme, pure realizzata con un budget minimale rispetto ad un "Apocalypse Now" della stessa epoca(accostato per gli anni di gestazione del progetto, e suo inseguimento), delle atmosfere paniche ed esistenzialiste da romanzo tedesco-che poi è la profondità di analisi che distingueva Buzzati dalla gran massa dei nostri scrittori-, ammalianti fin dall'inizio con la sequenza già di un rigore ed eleganza formali estreme, del risveglio all'alba di Giovanni Battista Drogo, nella sua bella casa di famiglia in Austria meridionale?
Appunto solo Valerio Zurlini il più grande "de/scrittore" cinematografico della malinconia e della intrinseca inutilità dell'esistenza umana nell'età adulta, della maturità-come Buzzati lo fu sul versante letterario-, un regista che forse soltanto con Werner Herzog e Peter Weir dei primi film australiani, potrebbe trovare qualche punto di contatto tematico e per affinità di immagini, nel cinema internazionale.
Fu un moderato insuccesso commerciale nelle sale italiane anche per questo, e nonostante le dovute e ben riposte ambizioni, l'altissimo livello di ogni componente, dalla fotografia superlativa di Luciano Tovoli, ad una colonna sonora di Morricone che si avvale persino del suono di zampogne, tra le piu emozionanti, strepitosa, i costumi delle uniformi austro-ungariche di eccelsa fattura e re-invenzione al contempo, un cast enorme e del tutto eccezionale con attori perfetti nei loro ruoli anche minimi, ma raffinatamente caratterizzati.
Capace di mettere assieme Giuliano Gemma(purtroppo doppiato ma vincitore di un David quando ancora valeva qualcosa, ma comunque eccezionalmente come tutti gli altri eccetto naturalmente Gassman,Pambieri e Attanasio, non dimentichiamo che Zurlini era direttore di doppiaggio, pure de ''Il Cacciatore"), e Vittorio Gassman assieme, portatori di due tipi di cinema italiano pur molto diversi e simboli degli stessi dalla massima rappresentatività, anche solo per questa crasi, una composizione del cast affascinantissima.
E ancora, un film totalmente senza donne(tranne la fidanzata e la madre Lilla Brignone fugacissime sui titoli), che come pochi altri rappresenta e descrive i rapporti di amicizia ma pure di classe, di conflitto tra diverse visioni della vita e delle responsabilità in un ambito concentrazionario massimo, e di propria volontà nella massima accezione del termine, almeno fino ai trenta anni totali che Drogo finisce per trascorrere nella fortezza.
Pochi se non nessun altro regista Antonioni compreso e che aveva a lungo considerato la possibilità del progetto, avrebbero probabilmente e con cotanto coraggio fatto un film del genere senza la minima ombra di sessualità e affettività che avrebbe irrimediabilmente rovinato il tutto, così come infatti a memoria è un elemento totalmente assente e senza nessuna possibile allusione, presenza, ambiguità, anche nel romanzo.
E' solo da pensare che delitto compiuto potrebbe essere una fiction o simili, tratta oggi da un romanzo purtroppo anche a suo discapito e come probabilmente nemmeno Buzzati avrebbe mai minimamente voluto, è divenuto cosi un "totem" letterario per intere schiere di lettori-fan di ormai molteplici generazioni.
Chissà tutti con quanta consapevolezza e comprensione personali, di temi così complessi e senza alcuna possibilità di (in)comunicabile salvezza, come quelli quantomai di attualità e di masse, della solitudine dell'individuo maschile, e dello spreco della sua esistenza.
Che sia in una uniforme militare, o meno.
Curioso ma anche estremamente simbolico e significativo, Zurlini vinse un Nastro d'Argento e il David come Migliore Regista 1977 e ancora, per il miglior Miglior Film.
Entrambi questi ultimi x-aequo con Monicelli e "Un Borghese Piccolo Piccolo".
Oggi abbiamo Tavarelli, Cortellesi e Guadagnino.
John Nada
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