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Il deserto dei tartari

Regia di Valerio Zurlini vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il deserto dei tartari

di axe
7 stelle

Corre l'anno 1907. Un giovane ufficiale di un qualche esercito, di un certo Impero, il sottotenente Giovanni Drogo, fresco di nomina, imprevedibilmente è assegnato alla guarnigione di stanza presso la Fortezza Bastiano. A nord della fortezza, ultimo avamposto dell'Impero, sono alte montagne ed un vasto deserto, detto "Deserto dei Tartari", dal popolo nomade che lo frequenta. Con lo "Stato del Nord" i rapporti non sono cattivi; ma, dal deserto, potrebbero, come accaduto in un remoto passato, giungere, in armi, i Tartari. Le attività nella guarnigione, dunque, fervono. Ronde, pattugliamenti, esercitazioni, dissidi tra ufficiali, tengono occupato il personale. Dei Tartari, nonostante segni che potrebbero essere collegati ad una loro presenza in zona, neppure l'ombra. Il tempo passa; Drogo, di promozione in promozione, diventa vicecomandante della Fortezza. Ma si ammala; quando, finalmente, si avvicina il momento di combattere, il suo superiore, non ritenendo utile la sua presenza sul posto, lo fa allontanare. Riduzione cinematografica del celebre ed omonimo romanzo di Dino Buzzati, "Il Deserto Dei Tartari" non eleva, come, ad un primo impatto, potrebbe sembrare, principalmente, una critica al militarismo, ma anzi, ne sfrutta le evidenti illogicità per raccontare l'assurdità dell'esistenza in genere. Il destino si prende gioco dell'uomo  e del suo castello di illusioni, desideri, convenzioni, regole. Drogo, giovane ed ambizioso ufficiale, si "seppellisce" all'interno della Fortezza Bastiano, la quale, quasi fosse un Moloch dotato di una propria vita e volontà, divora le anime dei militari assegnati ad essa, asciugandone desideri ed aspirazioni, ponendoli gli uni contro gli altri, condannandoli ad un indefinito ripetersi di giornate uguali tra loro, nell'attesa del verificarsi di un grave evento, che infine diviene quasi desiderato, come una liberazione. L'evento consiste nell'arrivo di un nemico formidabile. Paventandone l'apparire, soldati ed ufficiali si esercitano, gestiscono i pattugliamenti del territorio con puntigliosa cura; perpetuano i riti del formalismo militare. Gli anni passano; Drogo dapprima vorrebbe lasciare la fortezza; quando può, rinuncia, quando vuole non gli viene concesso; quando giunge un memico in armi, è inabile, causa malattia, e pertanto inutile per la guarnigione. Il suo posto spetta ad altri ufficiali in arrivo, egli si allontana a bordo di una carrozza, immerso nella tristezza e nel rimpianto; muore o si addormenta. Rileviamo che il romanzo ha una diversa conclusione, pregna di ulteriori significati. L'adattamento cinematografico, diretto da Valerio Zurlini è comunque pienamente riuscito; a tratti la narrazione è corale - tutti gli occupanti della fortificazione condividono un medesimo destino - ed i nomi noti nel cast sono molti. Giovanni Drogo è interpretato dall'attore francese Jacques Perrin; partecipano Vittorio Gassman (colonnello Filimore), Philippe Noiret (un panciuto e viscido generale), Max Von Sydow (Capitano Ortiz), Giuliano Gemma (Maggiore Matis). La quasi totalità del racconto è ambientata nella gigantesca Fortezza - permeata di un'atmosfera malsana e circondata da rovine, ad attestazione dell'antichità del luogo - ed i suoi dintorni, aspre montagne, lo sconfinato deserto, attraverso il quale possono giungere le minacce all'ordine delle cose caro a Drogo. Pur non essendo fatti nomi di nazioni, divise ed armamenti delle truppe attestate nella Fortezza richiamano l'Impero Austro-Ungarico. I nomi degli ufficiali, molto diversi tra loro, fanno riferimento alla multietnicità della nazione Asburgica, ed anche la simbologia la richiama. Ma non ci troviamo di fronte ad una ricostruzione storica; la volontà del regista, in linea con le scelte del romanziere, è di evocare un contesto in cui, in virtù di una marcata indefinitezza, gli spettatori potessero ravvisare una condizione generale. L'uomo, nonostante il suo continuo impegnarsi, non può contrastare la sorte, la quale ben si prende gioco della sua volontà, dei suoi affanni, dei suoi desideri e sentimenti. Il ritmo della narrazione è lento; la colonna sonora è curata da Ennio Morricone. Ritengo di poter consigliare il film, tanto a chi ha letto ed apprezzato l'opera di Buzzati, quanto a chi non lo avesse fatto. I due racconti, in parte, divergono per contenuti e significati.

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