Regia di Lee Eisenberg, Gene Stupnitsky vedi scheda film
Hey, Stranger Things, go fuck yourself!
Diretto (bene) da Gene Stupnitsky, che lo ha scritto (molto bene, anzi benissimo) con Lee Eisenberg (sono la coppia dietro ad "Year One", l'ultimo - bel - film di Harold Ramis) il quale a sua volta lo ha prodotto con Seth Rogen ed Evan Goldberg (ed Universal, che distribuisce), che a loro volta così realizzano il prequel di “SuperBad” (il passaggio dalle medie superiori all'università), una sorta di “come tutto ebbe inizio”, 10 anni dopo, “Good Boys” (il passaggio dalle elementari alle medie inferiori: “Parapiglia: scatta il gioco della bottiglia! Ti ricordi che meraviglia la festa delle mediuglie?”) è una crasi sveglia e acuta fra il film di Greg Mottola e il “Project X” di Nima Nourizadeh, ovviamente virato e contestualizzato verso quella magica età kinghiana (“Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni. Gesù, ma chi li ha?”), quell'unico periodo della vita in cui Soren può davvero essere il capo (e deve aspettare almeno 5 anni per poter assistere al film in cui compare).
Eterogeneo il terzetto dei personaggi principali (Jacob Tremblay, Keith L. Williams e Brady Noon), mentre Will Forte (il tratto d'unione, assieme a Molly Gordon, con il bellissimo "BookSmart" di Olivia Wilde, che di "Good Boys" è la versione semi-adulta e ginoide), il padre del protagonista, pronuncia rivolgendosi al figlio una delle battute più autenticamente terrificanti del cinema mainstream degli ultimi anni: “I will always love you because you are my son. But I no longer like you.”
Fotografia: Jonathan Furmanski. Montaggio: Daniel Gabbe. Musiche: Lyle Workman.
33 anni dopo, la ferro-via è diventata un'autostrada: ognuno tragga le proprie conclusioni.
È anche uno dei pochi film - prepotentemente iperrealista dal punto di vista psico-sociologico - in cui le riprese col drone hanno un loro senso...
Hey, Stranger Things, go fuck yourself!
* * * ½ (¾)
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