Regia di Aaron B. Koontz vedi scheda film
Un impressionante resoconto del graduale e implacabile passaggio di stato mentale (dalla depressione al delirio) di un fotografo di guerra, evidentemente ferito dall'esperienza sul campo. Un esordio in regia di tutto rispetto per la cura d'insieme, con un cast tecnico/artistico di alta professionalità.
Jack (Christopher Denham) dopo la traumatica esperienza durata sei mesi come fotografo di guerra, non riesce a reinserirsi nel mondo del lavoro. Grazie alla moglie Charlie (Nadja Bobyleva), attiva nel settore immobiliare, viene stimolato a fotografare palazzi per un'agenzia di compra/vendita. Per l'anniversario di matrimonio Charlie acquista -come regalo per il marito, a un'asta- una macchina fotografica del 1930: una Kine Exakta, la prima reflex monoottica. Jack, maneggiando il prezioso reperto d'epoca, si mette all'opera poco convinto, ritraendo grigi palazzi e scenari di quotidiana banalità. Quando però recupera lo sviluppo dei negativi, presso un fotografo di fiducia, resta più che sorpreso: le foto sono tutte in bianco e nero e in ogni rullino è presente una cadavere, non visto al momento dello scatto.
"Ogni pellicola sviluppata contiene una foto, con una morte imminente. E ogni morte può essere evitata sostituendo la vittima uccisa nello stesso modo. Ma ogni vittima sostituisce la prossima. Le foto continuano a cambiare, giorno dopo giorno, finché la vittima dell'ultimo rullino, che pare sia la mia fidanzata, è salva (...) o questa fotocamera è demoniaca, o sono psicopatico." (Jack si confessa al senzatetto Boone)
Notevole debutto in regia per l'ispirato Aaron B. Koontz, anche autore della bella sceneggiatura. Non mancano di certo precedenti sul tema: dal film orientale Shutter (poi rifatto in tempi brevissimi dagli americani) sino ad un prodotto italiano subito dimenticato (Smile). L'argomento della macchina fotografica, in grado di captare una dimensione "altra", è affascinante perché strettamente collegata all'enigma del doppio, della riproduzione delle immagini e della fenomenologia spiritica, piuttosto ampia (anche se tutta discutibile) sul fenomeno. Ma questo Camera obscura supera ogni predecessore e assume una sostanziale forma inquietante perché, di fatto, l'oggetto -ovvero la macchina fotografica- diventa il tramite tra la ragione e la follia. Jack, che ha le fattezze di un minuto, debole, fragile e apparentemente dolce personaggio (perfetto nel ruolo Christopher Denham), ha visto cose inenarrabili quando ha preso parte, come reporter, in guerra. Il suo stato mentale ne è rimasto segnato, senza possibilità di recupero. Un grasso ai suoi occhi pedofilo, un insistente venditore, una prostituta: i primi sventurati a cadere vittima dello stato delirante di un (apparentemente) innocuo e gracile fotografo. Il destro che gli permette di compiere azioni così spaventose, con accanimento feroce sui corpi degli assassinati, sta tutto nella Kine Exakta. È la macchina fotografica che libera il suo demone interiore. Sono i dettagli amplificati dalla sua percezione distorta, assecondata da deformate visioni televisive (sullo schermo appare Hipper, il serial killer della Luna di miele, così come poi vedrà se stesso, con la moglie Charlie) che contribuiscono a distribuire indizi, dettagli verso lo spettatore. Perché qualunque schizofrenico, depresso poi scattato nella fase delirante, prima o poi percepisce congiure nei suoi confronti. Le vede in televisione o le legge sui giornali, tra le righe, in un (meta)linguaggio che è cifrato nell'inestricabile codice dalla follia.
Non può che essere tragico il destino di chi perde la ragione senza comprenderlo, di chi si circonda di oscurità. Suona, allora, in maniera diversa la definizione di "camera obscura". La camera fotografica, una fotocamera appunto, che riflette al suo interno, nel buio più totale, un raggio di luce finalizzato ad imprimere un fantasma sulla pellicola fotosensibile. Aaron B. Koontz si dimostra oltreché abile al testo (il finale lascia lo spettatore libero di scegliere tra due diverse interpretazioni) maledettamente capace nella messa in scena. Gestisce gli spazi, gli attori e i tempi (semplicemente da antologia il "multiplo" omicidio del commesso che non vuole morire) in maniera esemplare. L'esplosione della violenza è incisiva: riesce a disturbare per il senso di moderata esposizione, in grado di sollecitare -spaventando- la fantasia macabra dello spettatore. In questo, ottimo è l'apporto degli effetti speciali (la prostituta con la testa penzolante di lato fa davvero impressione) supervisionati dal mitico Robert Kurtzman. Notevolissimo anche il reparto sonoro, con il contributo non indifferente dato dalla suggestiva colonna sonora di Steve Moore.
"Sarò sempre qui. Lui sarà sempre qui. Come il tipo prima di me, e il tipo prima di lui. E così via. Non so dove ha inizio e dove ha fine. Maledetti, dottori, spiriti... tutti. Imperfetti. Ignoranti. Senza speranza. Abbiamo tutti un unico destino. La stessa merdosa predestinazione! Le elezioni, le guerre... le formiche che calpestiamo quando stiamo per strada. Pensiamo di poterlo cambiare, che abbiamo il controllo!" (Hippert, il serial killer della Luna di miele)
Dalla OST di Steve Moore:
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